Sulla collina delle aquile

Sulla collina delle aquile

Sulla collina delle aquile 1070 1070 Sonia Sgarella

A soli 15 km da Mamallapuram, sulla strada che porta a Kanchi, si trova l’allegro villaggio di Thirukazhukundram (perchè ridete??), una località di pellegrinaggio dove, sulla sommità di una collina, sorge il tempio di Vedagirishvara dedicato a Shiva. Entrambi i nomi appena menzionati, di difficile pronuncia, ci raccontano la storia leggendaria del luogo. Thiru-Kazhugu-Kundram, che in lingua tamil significa “la rispettabile montagna delle aquile”, ci parla di quei due volatili che quasi tutti i giorni, più o meno a mezzogiorno, sorvolerebbero le fertili pianure del Tamil Nadu per giungere a posarsi in cima al promontorio roccioso, al fine di essere sfamate dai sacerdoti custodi del tempio con le offerte di riso, frumento, burro chiarificato e zucchero. La tradizione vuole che le aquile siano originarie di Varanasi e che, qualora dovessero mancare all’appuntamento, la colpa dovrebbe essere imputata alla presenza di peccatori tra i visitatori. Una scalinata di 550 gradini da percorrere a piedi scalzi è ciò che separa il santuario dal fondo valle, da dove centinaia di pellegrini giungono ogni giorno per rendere omaggio allo Shiva lingam custodito nella cella del tempio. Shiva, il grande dio che, dietro alla richiesta del  saggio Bharadwaja di essere graziato con una lunga vita per poter apprendere i testi sacri, creò tre montagne a simbolo del Rigveda, dello Yajurveda e del Samaveda. Prese quindi altrettante manciate di fango e spiegò al saggio che i tre Veda stavano a queste come l’immensità di conoscenza necessaria per la salvazione stava alle tre montagne. L’unica via da percorrere verso la liberazione era quella della Bhakti, ovvero della devozione e dell’amore incondizionato verso dio.

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Colori da tutta l’India e sorrisi di complicità per lo sforzo sostenuto vi accompagneranno lungo la ripida salita da cui si godono vedute spettacolari dell’altro tempio della città, il Tirupurasundari Amman Temple, dedicato invece a Parvati, “la bella dei tre mondi”. Le note del mantra Om Nama Shivaya e dei canti devozionali intonati dai fedelissimi anziani -che imperterriti combattono la fatica in previsione della benedizione che li attenderà tra le mura del tempio- saranno la colonna sonora della vostra visita. “Challo!”, “andiamo!”, è il motto di chi addirittura arriva fin qui dal Rajasthan. Non c’è tempo da perdere sulla strada della devozione volta all’accumulo di meriti che possano infine liberare il pellegrino da questo incessante ciclo di rinascite ed evitargli di dover faticare di nuovo nella prossima esistenza perché questa potrebbe essere l’ultima prima del moksha, l’eterna liberazione.

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