Himalaya

Mardi Himal: l’ultima frontiera del Trekking in Nepal

Mardi Himal: l’ultima frontiera del Trekking in Nepal 1024 682 Sonia Sgarella

Ci sono montagne difficili, che vengono corteggiate per anni prima che l’alpinista ne riesca a conquistare la vetta; ci sono montagne ancora inviolate, alcune perché situate in zone della terra impervie o poco esplorate, altre in territori pericolosi o politicamente instabili; altre ancora forse perché semplicemente poco attraenti; e poi ci sono loro, le vette inviolabili, quelle inaccessibili, sulle quali all’uomo non è concesso mettere piede per rispetto alle credenze locali.

Dimore divine, la casa degli spiriti, ecco il pretesto che rende queste vette sacre e inattaccabili: il Kailash, in Tibet, per fare l’esempio più famoso, il Gangkhar Puensum, in Bhutan, il più alto ma forse il meno conosciuto e poi ancora lui, la “coda di pesce”, il Machhapuchhare, in Nepal.

Mardi Himal

6.993 metri d’altezza e una forma slanciata che desta meraviglia negli occhi di chiunque la guardi: il Machhapuchhare, a ragion dovuta, è considerata non solo la più sacra tra le vette del Nepal bensì anche una delle cime più spettacolari del mondo. Salirci non è possibile ma se è vero che avvicinarla si può, sapete qual’è il modo migliore per farlo? Si chiama Trekking del Mardi Himal!

Mardi Himal

Un percorso aperto solo da pochi anni e ancora sconosciuto alla maggior parte dei viaggiatori i quali, dovendo scegliere, preferiscono optare per la vicina Pooh Hill o per il Campo Base dell’Annapurna. Niente da dire riguardo a questa decisione ma se siete alla ricerca di un itinerario poco battuto, più selvaggio e che in pochi giorni vi porti ad un’altezza di 4.500 metri, al cospetto della montagna più sacra del Nepal, eccovi allora serviti su un piatto d’argento: avete trovato quello che fa per voi!

Mardi Himal

Lo chiamano il trekking “sulla cresta” perché per la maggior parte del tempo ci si trova a camminare sulla cresta delle montagne che separano la valle di Pokhara da quella del fiume Modi Khola, dapprima immersi in una foresta densa e lussureggiante e in seguito, oltre la linea degli alberi, su un terreno sempre più alpino ricoperto da piccoli arbusti. Le sistemazioni saranno forse più spartane rispetto a quelle degli itinerari più gettonati ma che cosa importa…da qui si torna a casa con in tasca un’esperienza meravigliosamente autentica!

Mardi Himal

Cosa aspettate allora? Non ci vorrà molto perché le agenzie comincino a puntare su questo nuovo percorso, perché l’affluenza di persone incominci ad aumentare con il passaparola e perché vengano rilasciati i permessi per la costruzione di nuove strutture. Da quel giorno – come è normale che sia – probabilmente non sarà più la stessa cosa. Approfittatene adesso che siete ancora in tempo!

Quello che innanzitutto dovrete fare se interessati a questo trekking, sarà tenervi almeno 6 giorni a disposizione. Udite udite però, esiste anche un’altra possibilità, più dispendiosa, potenzialmente più pericolosa ma di certo super adrenalinica: salire a piedi e scendere in parapendio! Ebbene sì, avete capito bene: trattandosi di un itinerario che si estende su un cresta affacciata verso la valle di Pokhara, con un solo volo potreste risparmiare due giorni di cammino in discesa. Anche in questo caso però, seppur non la distanza, potrebbe essere il meteo ad imporvi di aspettare le condizioni più favorevoli.

Qualunque cosa decidiate di fare, evitate quindi di incastrare gli impegni come dei campioni in una partita di tetris e ricordatevi che per raggiungere i 4.500 metri il vostro corpo potrebbe avere bisogno di un giorno in più di acclimatamento. Se avete dei dubbi che riguardano questo tema leggete l’articolo L’ABC del trekking in Nepal: semplici regole per stare bene.

Mettiamo comunque il caso che per una prima volta vogliate contare solo sulle vostre gambe e rimandare – chissà ad una seconda – l’esperienza del paragliding; eccovi allora qua sotto il percorso dettagliato con tutte le varianti possibili. A questo farà poi seguito il mio tinerario personale, modificato appositamente per poterci aggiungere il trekking al Campo Base dell’Annapurna (clicca qui per leggere il post).

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1.Pokhara – Pothana o Pitam Deurali

Il vero punto d’inizio dell’itinerario chiamato del Mardi Himal è il piccolo agglomerato di lodge conosciuto con il nome di Pitam Deurali. All’altezza del Trekkers Inn Lodge, una delle uniche due tea house presenti in questo punto, troverete un cartello ad indicare la via per “Mardi Route (Forest Camp)”.

Mardi Himal

Per arrivare a Deurali non dovrete fare altro che seguire lo stesso itinerario descritto nell’articolo Trekking al Campo Base dell’Annapurna. Partendo da Pokhara considerate quindi circa 1h. di viaggio in taxi fino a Kande (2.000 rupie) – villaggio situato ad un’altezza di 1.770 m. – e da lì mediamente 2h. per Pothana, passando per l’Australian Camp.

Fermatevi a Pothana per la prima notte oppure proseguite altri 45 minuti fino a Deurali ma solo se sicuri di avere una stanza prenotata per voi. Arrivare a Deurali così alla cieca – per via della scarsa disponibilità di alloggi – comporta infatti il rischio di non trovare posto e di essere costretti a fare marcia indietro, di nuovo fino a Pothana.

L’idea di proseguire oltre non è da prendere neanche in considerazione e questo per due motivi: perché da lì al Forest Camp vi divino altre 4/5h. di cammino e perché, se anche ci doveste arrivare, il dislivello tra gli 800 m. di Pokhara e i 2.550 del campo , non darebbe il tempo al vostro corpo di acclimatarsi in maniera ragionevole. A Pothana il numero di lodge è ampiamente superiore per cui meglio prendere le cose con calma ed evitare di strapazzarsi troppo già dal primo giorno.

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2.Forest Camp, Rest Camp o Low Camp

Da Pitam Deurali il percorso prosegue in leggera salita attraverso una densa e tranquilla foresta e, nonostante alcuni passaggi siano un po’ più ripidi, in linea di massima non si tratta di un itinerario difficile. Attenzione però: lungo il percorso le uniche due strutture che incontrerete saranno un tempietto in cima ad una scalinata – con vista su Ghandruk e la punta del monte Dhaulagiri – e una piccola dhaba nella località di Dhan Kharka (2.425 m.). Solo qui, dopo circa 3h. di cammino, troverete in vendita snack e bevande; assicuratevi quindi di essere partiti al mattino già con una buona scorta di acqua.

In un’altra ora ecco che arriverete così al primo dei quattro “Camp”, quello conosciuto con il nome di Forest o Kokan (2.550 m.). Io, partendo poco prima delle 8 da Pothana, ho raggiunto il Forest Camp alle ore 13 e lì mi sono fermata a mangiare. Il posto è carino, consistente in sole 3 tea house situate nei pressi di una bella spianata circondata dalla foresta lussureggiante, con l‘unica pecca quella di non avere però nessuna vista sulle montagne che invece potreste guadagnarvi continuando fino al Low Camp.

Mardi Himal

Ora dovrete scegliere quindi se fermarvi o proseguire oltre. Da qui a 30 minuti incontrerete prima il Rest Camp (2.600 m.) – con una sola tea house dotata di acqua calda per la doccia – mentre, continuando per un’altra ora e 45 minuti, arriverete ai circa 3.000 m. del Low Camp. L’ideale sarebbe sempre quello di non osare troppo in termini di altezza per dare al corpo il tempo di acclimatarsi, ma è vero anche il fatto che, nel prendere le proprie decisioni, bisogna inoltre valutare le condizioni meteorologiche. Nella sezione “il mio itinerario” vi dirò quali sono state le mie scelte, spiegandovene anche le motivazioni.

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3.High Camp

Dal Low Camp al lodge Badal Dhanda Top View – ancora in fase di rifinitura al momento della mia visita (novembre 2017) – ci vogliono circa 50 min. Scattate le foto di rito con lo sfondo delle montagne, potete quindi proseguire per altri 40 min. – attraverso la foresta di rododendri – fino all’agglomerato di lodge conosciuto con il nome di Upper Badal Dhanda (3.289 m.)

Mardi Himal

Da qui la vegetazione si va sempre più diradando essendo ormai arrivati al limite della linea degli alberi, trasformandosi definitivamente in bassa sterpaglia mano a mano che vi avvicinerete alla soglia dei 3.700 m. dell’High Camp. Il sentiero da Badal Dhanda in poi si snoda dapprima sul versante di una collina per poi farsi sempre più scosceso sulla cresta della montagna, regalando viste mozzafiato sia sul Machhapuchhare che dell’Annapurna South.

Mardi Himal

I passaggi stretti al lato di burroni da centinaia di metri possono essere pericolosi in caso di svarioni o di sbilanciamento e richiedono quindi la vostra massima attenzione. Salite con calma, fermatevi a prendere fiato, a ridare stabilità al corpo ogni volta che lo riteniate necessario e in circa 3/3,5 h. dal Low Camp avrete finalmente raggiunto l’High Camp, quello più alto (3.700 m.).

Mardi Himal

Incredibile pensare che fino a pochi anni fa tuto quello che avete percorso non era altro che un tracciato per lo spostamento degli yak e che come tale in effetti sembra ancora oggi. Al momento all’High Camp esistono solo due lodge ma il progetto è quello di ampliare l’offerta nei prossimi anni.

Mardi Himal

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4.Upper View Point – MBC – Low Camp, Rest Camp, Forest Camp o Sidhing

Ormai che avete fatto 30 dovete fare per forza anche 31! Raggiungere l’Upper View Point(4.300 m.) può costituire una bella sfida per chi soffre di vertigini ma ne vale veramente la pena. Per affrontare questa salita di 1/1,5 h. e prevedere di arrivare in cima giusto in tempo per il sorgere del sole, la cosa da farsi sarebbe quella di partire quando ancora fuori è buio ma, a meno che non stiate viaggiando con una guida che conosca il percorso, NON fatelo! Alcuni passaggi possono infatti risultare difficili da identificare e potrebbe quindi essere rischioso avventurarsi da soli.

Mardi Himal

Arrivati in cima lo spettacolo è uno di quelli epici con il Machhapuchhare in primo piano che mostra agli spettatori il suo profilo migliore; non solo, da qui si intravede gran parte del percorso per il Campo Base dell’Annapurna, il Mardi Himal Base Camp (4.500 m.) – che potrete raggiungere continuando sulla cresta per altri 30 min circa – e la valle di Pokhara.

Mardi Himal

Ritornati all’High Camp per una bella colazione, potete quindi caricarvi delle vostre cose e ripartire in discesa, laciando che siano le vostre gambe a decidere fino a dove arrivare . Considerate il fatto che, se quella dall’Upper View Point è la vostra prima vera discesa, non solo le gambe ma anche le vostre ginocchia potrebbero essere già abbastanza provate da non riuscire a portarvi lontano più di tanto. Cercate quindi di preservarle anche per il giorno seguente aiutandovi con i bastoncini!

Mardi Himal

Se siete diretti di ritorno a Pokhara, appena sotto al Low Camp troverete le indicazioni per Sidhing (1.900 m. -3,5 h.). Seguitele e quindi fermatevi lì una notte; se siete invece diretti a Landruk – per proseguire poi verso L’Annapurna Base Camp, Ghandruk e Ghorepani – oppure se volete fare ritorno a Pokhara di nuovo via Pothana, potete allora proseguire anche fino al Rest Camp o al Forest Camp.

Mardi Himal

Alba dal Rest Camp

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5.Landruk o Pokhara

Da Sidhing le jeep dirette a Pokhara partono di solito al mattino presto ma non avendo preso questa direzione non vi saprei dire con certezza né il loro costo, ne quanto tempo ci impiegano.

La deviazione per Landruk la troverete scendendo lungo lo stesso sentiero che avete fatto per salire, poco dopo il Forest Camp sulla destra. La discesa è in picchiata – una famigerata killing-down – e il percorso di circa 1,45 h. può risultare complicato e sicuramente scivoloso in caso di pioggia. Ebbene queste sono le occasioni in cui ringrazio di essermi portata dietro i bastoncini, un supporto che invece non utilizzo mai durante le salite.

Avvicinandosi a Landruk il terreno irregolare lascia finalmente spazio ai gradini: siete giunti in uno dei villaggi più belli di tutta la zona! Da qui, se avete fretta, potete saltare direttamente su una jeep che vi riporti a Pokhara (45$), oppure fermarvi una notte e quindi proseguire verso nuovi orizzonti, tra cui Pothana, Ghandruk o Jhinudanda (vedi post sull’ABC)

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Il mio itinerario e qualche fatto generale

Nel decidere quali sarebbero state le tappe del mio itinerario un ruolo importante l’ha svolto, non soltanto la questione acclimatamento, ma di certo anche il meteo: soleggiato e limpidissimo dal calar del sole fino al primissimo pomeriggio, umido e nuvoloso durante il resto della giornata. Di seguito e per ogni tratta vi spiego quindi la motivazione principale che mi ha fatto propendere per una o per l’altra località, il nome delle tea house in cui sono stata e la spesa giornaliera per vitto e alloggio.

Giorno 1: da Pokhara a Pothana – Motivazione: acclimatamento e mancanza di alloggio presso Pitam Deurali. – See You Lodge – 1.670 rupie in stanza singola e doccia.

Giorno 2: da Pothana al Low Camp – Motivazione: evitare di prendere troppo freddo rimanendo fermi al Forest Camp già da dopo pranzo e raggiungere un punto più alto che ci avrebbe permesso quindi di accorciare la giornata successiva, garantendoci di camminare in cresta in condizini di piena visibilità. – Hotel Laligurans – 1.530 rupie in stanza singola, no doccia.

Giorno 3: dal Low Camp all’High Camp – Motivazione: acclimatamento. Avere una mezza giornata intera di riposo è l’ideale per preparare il corpo alla salita del giorno successivo. – Hotel Trekkers Home – 1.810 rupie in stanza tripla, no doccia. Il cibo qua è davvero spettacolare e in più ho bevuto il ginger lemon tea più buono di tutto il mio soggiorno!

Mardi Himal

Potato Rosty with cheese and egg – 500 rupie

Giorno 4: salita all’Upper View Point e discesa fino al Rest Camp – Motivazione: evitare di buttare via mezza giornata dispersi tra le nuvole e al freddo dell’High Camp. Ripartendo al mattino subito dopo la colazione abbiamo di nuovo camminato in discesa lungo la cresta in condizioni di piena visibilità. – Rest Camp Guest House – 1.180 rupie in stanza singola, no doccia e no pranzo.

Giorno 5: dal Rest Camp a Landruk – Motivazione: proseguimento da lì verso L’ABC. – Captain Laligurans – 2.110 rupie in stanza singola, si doccia e 1 birra Everest (550 rupie).

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Fatto n.1: su ogni cartello, menù, mappa o guida che sia, è molto probabile che incontrerete altezze diverse che riguardano le stesse località; che dire, non sarò di certo io a definire quale sia quella giusta ma, per quel che riguarda il mio articolo, ho preferito utilizzare quelle riportate sui menù delle tea house.

Fatto n.2: all’interno delle tea house lungo questo percorso si usano ancora le stufe a legna per il riscaldamento delle sale da pranzo. Nonostante le sistemazioni siano ancora leggermente più spartane rispetto a quelle dei circuiti più famosi, i proprietari dei lodge si stanno adoperando per promuovere questo nuovo circuito e si prevedono rapidi miglioramenti già nel prossimo futuro.

Nepal: trekking al Campo Base dell’Annapurna (A.B.C.)

Nepal: trekking al Campo Base dell’Annapurna (A.B.C.) 1024 682 Sonia Sgarella

A sud dell’Annapurna I, la decima montagna più alta del pianeta, nel cuore pulsante di un anfiteatro di vette stupefacenti chiamato il “Santuario”, ad est della profonda gola del fiume Kali Gandaki e alla fine della lunga valle del Modi Khola, è lì che si trova, ad un’altezza di 4.130 metri, uno tra i campi base più famosi di tutto l’ Himalaya, punto di partenza per le avventure alpinistiche estreme oppure, comunemente parlando, obiettivo finale di tutti quei trekkers che vogliono vivere un’esperienza indimenticabile a stretto contatto con la natura. Ebbene adesso che ci sono stata, vi posso confermare quello che fino all’anno scorso avevo solo sentito dire, ovvero che quello al Campo Base dell’Annapurna è uno tra i trekking più belli del mondo! Eccomi qua allora a raccontarvi la mia esperienza, per darvi dritte e informazioni a volte difficili da reperire se non in loco.

Annapurna Base Camp

In poche parole ragazzi si tratta di uno spettacolo da mettere i brividi e non sto parlando di brividi da freddo, no, qui la storia si fa molto più intensa: avete faticato, avete sudato lungo tutto il percorso, avete forse anche smadonnato più volte chiedendovi chi per dio ve l’abbia fatto fare di mettervi in cammino. Adesso però siete lì, e tutto quello che vi circonda è talmente incredibile da non sembrarvi vero, quasi come un miraggio, un fotomontaggio. Siete la vostra stessa soddisfazione fatta a persona, immersi in una natura quasi surreale, voi, piccoli scalatori di fronte a dei giganti di roccia e ghiaccio che da lì si innalzano per altri 3/4.000 metri davanti ai vostri occhi, il doppio rispetto a quanto avete camminato finora; 360 gradi di bellezza millenaria, è la terra che respira, è vita allo stato puro. È qui dove ci si rende conto di che cosa voglia dire esattamente “la fatica non è mai sprecata: soffri ma sogni”!

Annapurna Base Camp

Montagne belle, grandi e…pericolose! È da lì, dal Campo Base dell’Annapurna che partono – di solito in primavera – alcune delle spedizioni di ascesa alla vetta numero I, la più alta tra quelle del Santuario, a 8.091 metri. Vette che rapiscono i sogni di centinaia di alpinisti, strappando loro a volte anche la vita, rilasciando storie, miti e misteri, primo tra tutti quello di Anatolij Bukreev, uno dei protagonisti dell’ appassionante film intitolato “Everest”. Sfide epiche tra uomo e natura, con esiti mai scontati, e tu sei lì, nel silenzio di quell’inquietante meraviglia interrotta solo dal fragore dei crolli di neve, ghiaccio e pietra, che pensi a come sia possibile farcela, a che freddo incredibile si possa provare lassù, alla forza di spirito che deve avere chi realmente mette a rischio la propria vita per raggiungere un sogno sul tetto del mondo.

“Mountains are not Stadiums where I satisfy my ambition to achieve, they are the cathedrals where I practice my religion.” – Anatolij Bukreev

Il mio trekking al Campo Base dell’Annapurna è stato parte di un itinerario di 14 giorni che per comodità e facilità di lettura dividerò in 3 articoli: questo che state leggendo, uno che riguarda il Mardi Himal e uno per il Muldhai Trek. Approfitterò dell’occasione per darvi non solo consigli pratici riguardanti percorso e strutture, ma anche per fornirvi un aggiornamento relativo ai prezzi di vitto e alloggio. Questo, soprattutto per mettervi di fronte ad una questione che vedo attanagliare molti dei quali mi chiedono consigli a riguardo, ovvero: pacchetto tutto compreso o solo servizio guida? Ecco allora di seguito gli argomenti trattati:

1.Quando andare

2.Il percorso – nozioni generali

  • Vie d’accesso
  • “Nepali flat: a little bit up, a little bit down”
  • Cosa portare
  • I lodge
  • Il mangiare

3.L’itinerario

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1.Quando andare

Il trekking al Campo Base dell’Annapurna potrebbe essere effettuato durante tutto l’anno ma in particolare i mesi che vanno da giugno a settembre non sono raccomandabili per via del monsone e delle nuvole che riducono la visibilità. Durante i mesi primaverili il rischio di valanghe obbliga ad alcune deviazioni lungo il percorso ma questo non dovrebbe creare particolari disagi quanto invece le nevicate durante i mesi invernali. La stagione migliore – e questo è valido per quasi tutti i trekking in Nepal – è quella che va da ottobre a dicembre nonostante durante quest’ultimo mese le temperature in quota potrebbero già essere particolarmente rigide.

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2.Il percorso-nozioni generali

Vie d’accesso

Il sentiero principale che si estende in direzione del Campo Base dell’Annapurna ha inizio a Chomrong, uno degli agglomerati di lodge – nonchè villaggio – più grandi di tutta la zona e al quale è possibile giungere da ben tre direzioni: via Landruk, Ghandruk oppure Tadapani.

Se il vostro punto di partenza è la città di Pokhara, la prima opzione è sicuramente la più consigliata, sia che decidiate di raggiungere Landruk direttamente in jeep, sia che partiate a piedi da Kande via Pothana, Deurali e Tolka.

Ghandruk, seppur apparentemente più vicino sulla mappa e anch’essa, come Kande, collegata a Pokhara da un servizio di autobus pubblico (che carica e scarica a Sewai), non costituisce però una via d’accesso privilegiata e questo sia per via del tragitto più lungo sia a causa dello scomodo saliscendi che è necessario affrontare per passare da un crinale all’altro – una dura prova per chi si accinge a cominciare un trekking di più giorni e vuole evitare dolori alle gambe già dal primo. Da qui potete decidere di passarci se in arrivo dal circuito di Poon Hill o dall’Annapurna Circuit ma, anche in questi casi, sarebbe più logico preferire la scorciatoia che da Tadapani, piega verso nord in direzione di Chuile, decisamente meno masochista, anche se non propriamente una passeggiata.

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“Nepali flat: a little bit up, a little bit down”

A proposito di passeggiate: non penso di raccontarvi un segreto dicendovi che l’Himalaya non è piatto giusto? Eppure sulle mappe spesso è difficile definire quanti saliscendi vi siano tra un punto e l’altro. Il fatto che sulla cartina la vostra destinazione si trovi a soli 400 metri di dislivello rispetto alla tappa precedente non significa necessariamente che la vostra giornata debba essere semplice: nel mezzo potreste trovarvi ad affrontare, per esempio, 500 metri di scalinata in discesa verso il letto di un fiume e di conseguenza, 900 metri di risalita per coprire la differenza. In Nepal si suole parlare di pianura (“Nepali flat”) in maniera sarcastica, riferendosi a quelle parti di percorso che non prevedono salite o discese particolarmente ripide (le cosiddette killing-up e killing-down) ma è pur sempre vero che si tratterà comunque di un continuo andare su è giù. “Nepali flat: a little bit up, a little bit down” – a Pokhara e Kathmandu vendono anche le magliette con questa frase emblematica!

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Cosa portare

L’equipaggiamento da portare con voi in generale è lo stesso utile per qualsiasi altro trekking in Nepal per cui vi suggerisco di fare riferimento all’articolo  Trekking in Nepal:tutto quello che c’è da sapere. Durante i mesi di ottobre e quelli primaverili meglio portarsi dietro un ombrellino e un poncho da utilizzare a seconda dell’occasione. Assicuratevi inoltre di avere con voi abbastanza strati per ripararvi dal freddo perché le temperature al Campo Base scendono facilmente sotto lo zero. Una volta arrivati fin lì passerete all’esterno abbastanza tempo, per esplorare la zona, per godervi alba, tramonto e stelle, e non vorreste dover rinunciare a questo o rischiare di ammalarvi solo per non esservi portati quelle poche centinaia di grammi in più che un piumino può pesare.

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I lodge

E’ importante sapere che lungo tutto il percorso verso il Campo Base dell’Annapurna non troverete nessuna struttura con all’interno una stufa. Il progetto di conservazione dell’area prevede infatti non solo il divieto di tagliare e bruciare legna a scopo riscaldamento ma anche la costruzione di nuovi lodge che non siano approvati dalla commissione. Sappiate inoltre che, soprattutto durante l’alta stagione, è possibile che siate costretti a dormire sui letti nella sala da pranzo o comunque a condividere la stanza con altri viaggiatori: questo perché, nonostante i proprietari dei lodge abbiano inserito quanti più posti letto possibili nelle stanze a disposizione, l’affluenza di trekkers (soprattutto durante il mese di ottobre) è talmente alta da non sempre riuscire ad accomodare tutti.

Viaggiare con una guida che conosce il territorio e i proprietari dei lodge in questo caso può essere molto d’aiuto in quanto solo lui avrà modo di contattarli in anticipo e prenotare quanto di meglio disponibile. Chi viaggia in maniera indipendente farà bene invece, non solo a munirsi di un sacco a pelo pesante (giusto in caso siano finite le coperte a disposizione) ma anche a non avventurarsi troppo in là con l’orario, cercando riparo quanto prima per accaparrarsi una stanza finché ancora disponibile. Al check post di Chomrong troverete un cartello ad indicarvi il numero dei lodge presenti in ogni destinazione (3 a Sinuwa, 5 a Bamboo, 3 a Dovan, 2 a Himalaya, 4 a Deurali, 5 all’ M.B.C. e 4 all’A.B.C.)

Sinuwa

L’affluenza di comitive numerose e gruppi organizzati purtroppo fa si che i gestori delle tea house debbano garantire prima a loro una sistemazione consona al prezzo pagato e questo a discapito del concetto di “chi prima arriva meglio si accomoda”. Seguono nella lista della priorità i viaggiatori individuali con guida al seguito e quindi i viaggiatori indipendenti. Questa, sarà bene dirlo, è una delle cose che rischia di creare incomprensioni se il discorso non è stato preventivamente chiarito dall’agenzia o dalla guida attraverso la quale si è prenotato. Ho visto per esempio una coppia dare fuori di matto per dover condividere la propri stanza da quattro con altre due persone. Ora, non vorrei fare la moralista, ma se state cercando una vacanza comoda e romantica evitate il trekking al Campo Base dell’Annapurna perché sarebbe ridicolo. La priorità in questo caso sta nel non dover lasciare nessuno a dormire per terra sotto le stelle!

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Il mangiare

Annapurna è una parola sanscrita che significa la “ricca di cibo” ed è associata nel pantheon infinito di divinità indiane alla Dea del Raccolto. Non è quindi un caso se alcuni trekking nella zona dell’Annapurna vengono definiti “the Apple Pie treks”: il cibo da queste parti è infatti superlativo!

Apple Pie

Nei menù che vengono proposti dai lodge troverete davvero di tutto, dal classico dal bhat, il piatto tipico nepalese, a pizza e maccheroni (o meglio, macaroni!). A partire dal villaggio di Sinuwa tuttavia non è più permesso il trasporto di carne e questo per via di antiche tradizioni che vogliono rispettare la sacralità dell’area. Recita un cartello che qualora non si rispettino queste istruzioni, i viaggiatori potrebbero essere vittima di incidenti personali e calamità naturali, un monito che evidentemente gli abitanti del posto ci tengono ad osservare.

“Dear honorable trekkers, we would like to request not to take chicken, pork and buffalo meat in this special management zone from Sinuwa to Annapurna Base Camp due to ancient beliefs, holy temple and natural secret mountains. If so, natural calamities and personal accident may occur. So we humbly request to follow such specified instructions. Thank you.”

Presso quasi tutte le tea house è possibile acquistare acqua purificata, bibite, birra, sigarette, snack di ogni tipo, carta igienica e anche assorbenti ma ovviamente i prezzi vanno aumentando proporzionalmente all’altezza. Non penso sia necessario dire che lungo il percorso non esistono possibilità né di prelevare né di cambiare valuta estera per cui dovrete partire da Pokhara con abbastanza rupie per potervi mantenere fino al vostro rientro. Leggete le prossime sezioni per farvi un’idea dei prezzi aggiornati al 2017.

Bamboo

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3.L’itineario

Pokhara – Pothana 

Come vi dicevo il mio trekking al Campo Base dell’Annapurna è stato parte di un percorso più lungo, 14 giorni in totale, cominciato con il Mardi Himal e terminato con il Muldhai Trek. Per raggiungere Chomrong non sono quindi partita direttamente da Pokhara ma questo poco cambia ai fini di quello che vi vorrei dire: Landruk, la più comoda via d’accesso al sentiero principale, è anche uno dei villaggi più belli di tutta la zona, ragione in più per volerci passare attraverso.

Il modo migliore per arrivarci, evitando l’infinita scalinata che da Phedi risale il versante della montagna fino a Dhampus, è quello di farsi lasciare da un taxi a Kande (1.770 metri – 1 h. da Pokhara – 2.000 rupie), raggiungere in circa 1,5 h. i 2.060 metri dell’Australian Camp, godersi la vista e da lì proseguire per altri 30 minuti fino a Pothana (1.990 metri), dove potrete quindi pranzare e volendo, passarci anche la prima notte. Il See You Lodge, dove avevo dormito già l’anno scorso, si è riconfermato anche quest’anno un’ottima opzione.

Australian Camp

Australian Camp e la mia rivincita-l’anno scorso non ero riuscita a vedere niente per via delle nuvole!

Se la visibilità è buona potete approfittare del pomeriggio libero per salire fino al View Point e da lì, incominciare a fantasticare su quello che vi aspetterà nei giorni seguenti. L’accesso al sentiero lo trovate esattamente all’angolo con il Check Post, dove è possibile recuperare mappe e info riguardanti i percorsi dell’Annapurna Conservation Area.

Pothana

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Pothana – Landruk

Da Pothana a Pitam Deurali(2.100 m.) sono solo 45 minuti di leggera salita. Il motivo per cui non è però consigliabile spingersi fin qua cercando rifugio per la prima notte, è che le uniche due tea house del villaggio si riempiono facilmente, essendo punto di passaggio di vari itinerari, tra cui anche quello del Mardi Himal. Da qui a Tolka(1.700 m.) il sentiero prosegue in discesa attraverso la foresta e quindi continua dolcemente verso Landruk(1.565 m.). In totale dovreste impiegarci circa 2,45h. Il primo impatto con Landruk già di per se è spettacolare, fosse anche solo per la vista perfetta che regala dell’Annapurna South e dell’Hiunchuli, ma la verità è che il villaggio vale la pena esplorarlo letteralmente da cima a fondo.

Landruk

Per il concetto che migliore è la cucina, migliore la sistemazione, ecco allora che a Landruk vi posso consigliare l’Ex Captain Laligurans, fondata appunto da un ex capitano dell’esercito Gorkha di cui troverete la foto all’interno della sala da pranzo. La posizione è probabilmente la migliore in assoluto e, se sarete fortunati, vi regalerà anche lo spettacolo di un magnifico tramonto. Doccia calda inclusa nel prezzo e prese della corrente in camera: questo è l’ultimo posto dove vi saranno garantiti tali servizi, mentre lungo il resto del percorso, se li vorrete, li dovrete cominciare a pagare.

Landruk

Questi primi due giorni di itinerario possono anche essere uniti a creare un’unica tappa da Pokhara a Landruk (6-7 ore) ma se avete tempo abbastanza perché non fare le cose più con calma? Un’opzione possibile è anche quella di prendere una jeep direttamente a Landruk, il cui costo dovrebbe aggirarsi intorno ai 45$.

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Landruk – Jhinudanda

Arrivati in fondo al villaggio di Landruk il sentiero si divide: uno gira verso sinistra, scende in direzione del fiume e poi prosegue verso Ghandruk; l’altro continua dritto verso Chomrong. Condividete pure un pensiero di compassione verso tutti quei trekkers che sono diretti a Ghandruk(1.940 m.), i quali dovranno prima precipitarsi giù in direzione del ponte che attraversa il Modi Khola, solo per poi riguadagnare tutta l’altezza persa – e anche oltre – risalendo una scalinata infinita. L’ho fatta l’anno scorso nel senso contrario (da Ghandruk a Landruk) e vi assicuro che è stata una bella mazzata!

Fortunatamente invece il sentiero verso Chomrong è meno faticoso e si snoda dolcemente tra i campi coltivati e il versante della collina fino a New Bridge(1.460 m.). Sulla ragione per cui questo ponte e l’agglomerato di tea house che si trova appena prima si chiamino “new”, bhe, bisogna fare di nuovo riferimento al sarcasmo dei nepalesi i quali, costretti a ricostruirlo ogni pochi anni a causa delle piene del fiume, hanno ben pensato di chiamarlo così. Da Landruk al ponte mettete in conto 1h. di tragitto, a cui dovrete aggiungere altri 2o min. di salita per arrivare al villaggio principale.

Annapurna Base Camp

Da qui si continua su per le scale, si attraversa il Kimrong Khola e quindi ancora più in alto fino ai lodge accoglienti di Jhinudanda(1.710 m.). In totale considerate circa 1,5h. A Jhinu ci si ferma solitamente sulla strada di ritorno dall’A.B.C. per rilassare i propri muscoli nelle piscine termali che si trovano a soli 20 minuti dal villaggio, sulle sponde del Modi Khola. Se però avete intenzione di godervi questo momento con poche altre persone e preferite l’idea che le vasche siano appena state pulite,  allora il consiglio è quello di fermarvi qui adesso, di sistemare i bagagli nelle stanze della Jhinu Guest House, di mangiare qualcosa al volo e quindi di prepararvi per il relax. Le piscine termali di Jhinu sono forse meno famose e anche più piccole di quelle di Tatopani ma meritano sicuramente di essere visitate e il fatto di arrivare appena dopo la pulizia mattutina, quando la maggior parte dei trekkers è ancora in cammino costituisce di certo un vantaggio da non sottovalutare. Portate con voi solo quello che vi serve per mettervi a mollo, un asciugamano, un paio di ciabatte, vestiti puliti di ricambio, sapone e shampoo (possibilmente biologici) per docciarvi utilizzando l’acqua calda di sorgente incanalata nei tubi a lato della vasca più a valle e 100 rupie per pagare il biglietto d’ingresso. E’ il vostro momento, godetevelo e dimenticatevi per un po’ dei 30 minuti in salita che dovrete percorrere per tornare alla guest house! 🙂

Jhinudanda

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Jhinudanda – Bamboo

La salita a gradini verso Chomrong(2.170 m.) è una delle cosiddette killing-up e per di più, dovesse esserci il sole che vi picchia in testa, vi sentirete come polli allo spiedo già allo stremo delle forze di prima mattina. Partite quanto prima, quando ancora il sole è debole, non ci pensate e fate conto di arrivare a Chomrong dopo circa 1,15h. Tirate un sospiro di sollievo, siete giunti nel villaggio più grande della zona, il vero punto d’accesso al trekking verso il Campo Base dell’Annapurna. Da qui fino al ponte sul Modi Khola il cammino è tutto in discesa. Semi di soia, piselli, patate, grano saraceno, cavolo, spinaci, miglio, piante di pomodori e verdure che da noi non esistono: è qui, dove sui terrazzamenti si coltiva di tutto, che si intende bene il significato della parola Annapurna, la “ricca di cibo”.

Chomrong

L’avete però ormai capito anche voi che dopo una discesa verso il fiume c’è sempre una salita da spezzare il fiato vero? Ebbene preparatevi perché da qui sono circa 3o minuti fino alla Sherpa Guest House di Bhanuwa(2.070 m.) e altri 50 minuti circa in impennata per raggiungere i lodge di Sinuwa(2.340 m.) che si trovano arroccati su un piccolo passo. Arrivando da Jhinu è probabile che all’altezza di Bhanuwa starete già morendo di fame ma se ce la fate potete anche continuare fino a Sinuwa. Da qui guardate indietro verso Chomrong e complimentatevi con voi stessi per tutto quello che avete fatto fin’ora!

Di fronte a voi, su per la valle, si intravedono invece in lontananza le tea house di Dovan e anche di Deurali mentre Bamboo, che prende il nome dalla pianta alta anche 10 metri diffusa lungo tutto il percorso, rimane nascosto dietro al primo crinale. Da Sinuwa il sentiero si snoda per circa 1h. in maniera più dolce lungo il versante della montagna per poi scendere con una scalinata di 30 minuti verso l’agglomerato dei lodge di Bamboo(2.310 m.). La didi (“sorella” – così ci si rivolge alle donne più adulte) del Bamboo Lodge cucina da dio, ragion per cui – unita alla sua simpatia- vale sicuramente la pena di fermarsi da lei!

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Bamboo – Deurali

Da Bamboo al villaggio successivo si tratta di soli 45 minuti di cammino all’ombra degli alberi: un sentiero piacevole, che si estende nel cosiddetto stile Nepali flat fino ai tre lodge potenzialmente soleggiati di Dovan(2.500 m.). Da qui il percorso riprende in salita fino ad un tempietto, da cui poi si prosegue verso Himalaya(2.820 m.). Da Dovan ad Himalaya ci si impiega mediamente 1,5h.

Dopo Himalaya la foresta incomincia a farsi meno densa e il terreno sempre più alpino: oltre che ad attraversare una frana staccatasi negli anni passati, il sentiero vi condurrà fino al lato di un’imponente grotta conosciuta con il nome di Hinku Cave, che era il luogo di riparo dei porter che trasportavano il materiale per le spedizioni alpinistiche da e per il Campo Base. Dopo circa 1,5h. di cammino da Himalaya ecco che arriverete quindi al piccolo agglomerato di lodge chiamato Deurali.

Deurali

Avendo superato la soglia di acclimatamento stabilita in 2.800 metri per tutte le persone che vivono al livello del mare, è importante che da questo momento in poi cerchiate di tenere sotto osservazione il vostro stato di salute, curando tra le altre cose la questione alimentare. A tal proposito, se non lo avete ancora fatto, vi consiglio la lettura dell’articolo L’ABC del trekking in Nepal: semplici regole per stare bene.

Deurali

A Deurali ci sono 4 lodge e, sempre utilizzando come criterio di scelta l’aspetto culinario, vi posso dire che al Dream Lodge non si mangia per niente male. Ora, ovviamente io non è che abbia provato la cucina di tutti i lodge della valle per poter definire se uno sia realmente meglio dell’altro – a dir la verità sono quasi sicura che si mangi bene un po’ d’apertutto – ma viaggiando insieme ad una guida che ci tiene in modo particolare a questo aspetto (e che sarà passata da quelle parti almeno un centinaio di volte), penso di potermi fidare sempre ciecamente della sua opinione. Questo a volte purtroppo va a discapito della qualità della struttura nel suo complesso – in questo caso per esempio un po’ più vecchiotta rispetto alla vicina Shangrila Guest House – ma infondo che differenza fa? Lo stomaco in queste situazioni vuole la sua parte molto più dell’occhio!

Deurali

Da qui, se le nuvole lo permettono, si può godere di un magnifico tramonto verso valle mentre, salendo un po’ più a monte, all’altezza dell’ultimo lodge, potrete cominciare a studiare il percorso del giorno successivo semplicemente seguendo il corso del Modi Khola. Attenzione, siete sotto osservazione di un grande Buddha che vi guarda dall’alto della montagna! L’avete trovato?

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Deurali – ABC

La parte di sentiero che si estende da Deurali all’ M.B.C. (“Machhapuchhare Base Camp” – 3.700 m.) seguendo il corso del fiume Modi Khola, è una zona a rischio valanghe. Durante i mesi primaverili è richiesto ai trekkers di utilizzare il percorso alternativo che risale l’altra sponda del fiume, più lontano dalle pareti a picco che si alzano invece in maniera verticale sul percorso ordinario. Per questo motivo e per poter approfittare della più probabile visibilità mattutina una volta raggiunti i due campi base più alti, è consigliabile mobilitarsi sul presto, se possibile non dopo le 8.

Modi Khola

Durante il mio trekking la questione metereologica è rimasta una costante: zero pioggia, cielo incredibilmente limpido dal calar del sole fino al primissimo pomeriggio, momento in cui le nuvole e la nebbia, già risalita la valle, coprivano il tutto e rendevano impossibile la vista delle montagne.

M.B.C.

Da Deurali all’ M.B.C. considerate 1.5h. più un’altro paio d’ore per risalire lentamente la valle fino all’A.B.C (“Annapurna Base Camp” – 4.130 m.). In tanti sono quelli che decidono di pernottare all’M.B.C. (3.700 m.) per evitare problemi di mal di montagna e su questo non c’è niente di male: la visita al Campo Base dell’Annapurna può essere tranquillamente gestita come un’escursione in giornata, pomeridiana – tempo permettendo – oppure al mattino presto, prima di riprendere la strada in discesa. A meno che non stiate già male per l’altezza o non abbiate organizzato altrimenti comunque valutate anche la possibilità di dormire direttamente al Campo Base.

Annapurna Base Camp

Dormire lì significa avere quasi 24 ore di tempo a disposizione per poter godere di tutti i cambiamenti di luce, di alba, di tramonto, delle stelle, del silenzio e dei rumori del ghiacciaio. I 5 lodge dell’A.B.C si trovano quasi al bordo di un’immensa morena glaciale da cui la vista è seriamente impressionante!

Annapurna Base Camp

Di fronte a voi la parete infinita dell’Annapurna I, la regina del Santuario, ma tutt’intorno anche gli altri picchi non sono da meno e gareggiano tra di loro per bellezza: il Machhapuchhare, l’Annapurna South, l’Hiunchuli (6.441 m.), il Tent (5.695 m.) e il Fluted Peak (6.501 m.) che possono essere scalati con dei permessi speciali, l’Annapurna III…il paesaggio è surreale!

Annapurna South

Tra queste montagne e un po’ più in alto rispetto al campo ecco poi i memoriali di coloro che con la montagna sono diventati un tutt’uno, alpinisti che qui hanno perso la vita perseguendo i loro “folli” obiettivi.

Era per esempio il 25 dicembre del 1997 quando il kazako Anatolij Bukreev e l’italiano Simone Moro vennero travolti da una valanga tentando la scalata invernale dell’Annapurna I. Simone miracolosamente sopravvisse alla tragedia e riguardo a quell’impresa scrisse il libro “Cometa sull’Annapurna” che vi consiglio vivamente; Anatolij e Dimitri – il loro cameraman – invece purtroppo morirono e i loro corpi mai ritrovati. Storie che hanno bisogno di tempo per essere commemorare lì dove sono successe e anche per questo quindi la necessità di soffermarsi più a lungo in questo luogo.

Annapurna Base Camp

All’Annapurna Base Camp le temperature di notte scendono parecchio tanto che al mattino è facile che troverete l’acqua del rubinetto ghiacciata. Copritevi con tutto quello che avete a disposizione e godetevi l’atmosfera più tiepida che si crea all’interno delle sale da pranzo. L’Annapurna Guest House è stata la nostra scelta: ottima la pizza!

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ABC – Bamboo

In questo caso la sveglia non potrà che essere prima dell’alba. Lo so, uscire dal calduccio del sacco a pelo non è mai cosa piacevole a queste temperature ma non vorrete mica perdervi lo spettacolo delle prime luci del sole che incendiano di arancione le pareti dell’Annapurna vero? Rimettetevi addosso di nuovo tutti gli strati di cui siete muniti, ordinate in cucina una bevanda calda e rimanete lì fuori ad aspettare!

Annapurna Base Camp

Ne valeva la pena giusto?? Dopo la colazione potete a questo punto rimettervi in cammino verso valle e vedete voi fin dove riuscite ad arrivare. Io ci ho messo 6 ore (compresa la pausa pranzo ad Himalaya) per tornare a Bamboo e lì passare la notte di nuovo al Bamboo Lodge.

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Bamboo – Chomrong

La giornata in questione è abbastanza faticosa: non so se vi ricordate infatti di tutte le discese lungo il percorso da Chomrong a Bamboo; bene, quelle discese oggi ve le ritroverete come devastanti salite, per cominciare con quella che vi risveglierà i muscoli da Bamboo a Sinuwa (1h15) e terminare con la famigerata killing-up che dal fiume vi riporterà a Chomrong.

Arrivati a Chomrong potete decidere se continuare in dicesa verso Jhinudanda, godervi le hot springs e quindi il giorno dopo rientrare a Pokhara, oppure fermarvi qui e rimandare qualsiasi altro spostamento al giorno seguente. Io, essendo già passata da Jhinudanda e dovendo proseguire il mio itinerario verso est mi sono fermata lì e ho soggiornato alla Elysium Guest House. Arrivare presto vi darà il tempo di farvi una bella doccia calda, eventuale lavanderia (hanno pure la lavatrice!) e di godervi il resto della giornata cazzeggiando per il paesello.

Chomrong

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Per consultare il calendario delle mie prossime partenze di gruppo clicca qui!!!

Se invece preferisci organizzarti da te leggi l’articolo Trekking in Nepal: tutto quello che c’è da sapere

L’ABC del trekking in Nepal: semplici regole per stare bene

L’ABC del trekking in Nepal: semplici regole per stare bene 1024 576 Sonia Sgarella

Se siete capitati su questa pagina cercando informazioni riguardanti il trekking al Campo Base dell’Annapurna (A.B.C.) beh dai, in fondo non siete caduti poi così male. I consigli che trovate qua sotto sono infatti di carattere generale e chiunque si appresti ad affrontare un trekking in Nepal dovrebbe farne tesoro. Pronti allora?

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A come Acclimatamento

…perché sapete qual’è la prima cosa che può creare gravi problemi in alta montagna? La fretta! Sette, otto, nove giorni: un itinerario non dovrebbe essere misurato sulla base delle ore impiegate a percorrere una distanza, non si tratta di una gara contro il tempo bensì di un godersi la natura cercando di arrivare a destinazione nelle stesse condizioni ottimali in cui si è partiti, e questo per poter godere appieno dello spettacolo che ci circonda.

Sembra un’esagerazione ma – come dice anche la Lonely Planet – “a volte la differenza tra l’essere portati via da un elicottero e terminare felicemente un trekking, non è altro che un giorno in più di riposo”. Se non si hanno abbastanza giorni per poter affrontare un trekking ad alte quote – contandone anche un paio di emergenza – il consiglio è piuttosto quello di lasciar perdere o di scegliere un itinerario più corto. Tranquilli, in Nepal ce ne sono a decine e sono tutti meravigliosi!

Un concetto fondamentale per chi vuole affrontare un trekking oltre i 2.800 metri (la cosiddetta “linea di acclimatamento” per la maggior parte delle persone che vivono al livello del mare) è quello di non voler strafare anche quando sembra che il fisico ce lo consenta. I sintomi del mal di montagna sono spesso ritardati da 6 a 24 ore rispetto al momento in cui si supera la linea di acclimatamento – che aumenta mano a mano che il corpo si abitua – e se siete saliti troppo in fretta potreste accorgervene quando ormai siete già troppo in alto.

In questo ognuno è diverso dall’altro e, a meno che non siate già stati ad altezze simili, è difficile predire come potrebbe reagire il vostro organismo; se invece sapete già di esserne inclini, a maggior ragione dovrete adeguare il vostro ritmo al processo di acclimatamento, oppure assumere dei farmaci (Diamox) per prevenirne l’insorgere. Tenete presente che in linea di massima si consiglia di non dormire a più di 500/700 metri rispetto a dove si è dormito la notte precedente…

Alternare allo sforzo momenti di meritato riposo è molto importante e questo per lasciare al corpo il tempo di adattarsi alla diversa ossigenazione, dovuta alla diminuita pressione atmosferica in quota. Riposare, che però non significa dormire: terminata una giornata di trekking intenso, evitate di addormentarvi subito; date invece tempo al corpo di rimettersi in equilibrio lentamente, svolgendo per esempio qualche attività leggera, come una passeggiata nei dintorni del campo.

I problemi ad gni modo non sono sempre e solo legati alla fretta nel salire: bisogna ricordare infatti che la discesa spesso mette a dura prova più dell’ascesa e che il voler concentrare in 5 giorni, per esempio, quello che di solito si suggerisce di fare in 7, non è comunque una buona idea, neanche se questo significa unire due tappe massacranti verso valle.

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B come Benessere

… che parte dai piedi e arriva alla testa. Piedi e ginocchia sono tra le parti del corpo di cui bisogna avere più cura ma non sono le sole: una testa libera da pensieri, positiva e motivata è infatti il nostro motore per eccellenza, colei che riesce a portarci avanti anche lì dove gambe e schiena ci chiederebbero di rallentare o addirittura di fermarci e tornare indietro.

Questo non vuol dire che con la positività si possano evitare le vesciche – che è necessario tenere costantemente sotto controllo e se possibile prevenire con una scorta abbondante di garze e cerotti – ma certamente che neanche lamentandosi della fatica si riesca a migliorare la propria condizione o quella degli altri che ci stanno intorno. Tutti – e dico tutti – fanno fatica in montagna, fa parte del pacchetto: il segreto del successo sta nel mantenere alto lo spirito!

Per affrontare le lunghe salite, se volete un consiglio, fatelo cercando di non guardare mai oltre la punta delle vostre scarpe o poco più in là ed entrerete così in una sorta di camminata meditativa. Concentratevi solo sul dove mettere i piedi, passo dopo passo, andate lentamente cercando di non far aumentare troppo il respiro o i battiti cardiaci e vedrete che in men che non si dica sarete già arrivati!

Annapurna Base Camp

Ma tornando al discorso del benessere puramente fisico: anche la schiena vuole la sua parte e in questo, sia il tipo di zaino che vi portate dietro, sia il modo di prepararlo sono fattori determinanti. Innanzitutto cercate di sistemare le cose pesanti in fondo e più vicino alla schiena, mentre quelle più leggere in alto e verso il fronte; evitate pesi penzolanti all’esterno che potrebbero sbilanciarvi o infastidirvi e calibrate bene la posizione di tutto quello che avete posto al suo interno – perché uno zaino che vi pesa su una spalla piuttosto che sull’altra potrebbe causarvi dolori non indifferenti; fate in modo inoltre che lo zaino si sviluppi in altezza piuttosto che in larghezza – aiutandovi per questo con eventuali cinghie contenitive – e badate bene a non caricare la tasca superiore con troppi oggetti piccoli ma pesanti.

E poi continuando, vogliamo parlare dello stomaco e di quanto sia importante seguire una dieta equilibrata per l’altezza e per il tipo di attività che si sta svolgendo?

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C come Cibo! 

Da quelle parti lo sanno, per esempio, quanto l’aglio faccia bene per prevenire il mal di montagna e allora ecco che ve lo troverete, volenti o nolenti, come ingrediente base della vostra alimentazione. Mangiare lentamente e alzarsi da tavola con ancora un po’ di fame – soprattutto la sera – non solo dicono aiuti a vivere più a lungo, ma in situazioni di questo tipo, quando la digestione avviene in maniera più lenta, favorisce lo stomaco nel mantenersi regolare.

Scegliere bene cosa mangiare in base all’attività che si deve affrontare è di grande utilità: carboidrati, per esempio, prima di una salita durante il giorno, una zuppa e poco altro alla sera se fa molto freddo e si ha intenzione di andare a dormire subito dopo. Anche in questo caso comunque ogni persona è fatta a modo suo e, seppur fortunatamente il nostro corpo si adatti spesso molto meglio nella pratica che non nella teoria, non sta di certo a me definire il vostro livello di sazietà. Sarete invece voi stessi a dovervi porre dei limiti.

Provate comunque a chiedere ai nepalesi qual’è il piatto perfetto per affrontare una giornata in montagna ed è sicuro che vi risponderanno con due semplici parole:

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D come Dal Bhat!

Ammetto di non essere una grande mangiatrice di questo piatto tradizionale perché non amo mischiare troppi sapori speziati ma trovo che il concetto alla base della sua ricetta sia ottimo anche per altre ricette: riso (bhat) innanzitutto, per il giusto apporto di carboidrati, lenticchie (dal) – o altri legumi – per il valore nutrizionale proteico, verdure (takari), perché ricche di fibre.

Veg Curry - Nepali Food

Se so di dover affrontare una salita impegnativa dopo pranzo il mio piatto preferito è per esempio il veg curry with rice mentre alla sera preferisco variare a seconda dell’altezza e delle temperature.

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E come Eventualmente

… se tutte queste precauzioni non dovessero essere abbastanza e cominciaste ad avvertire i primi sintomi del mal di montagna (AMS, “Acute Mountain Sickness”) – dolore di testa, nausea, inappetenza, mancanza di fiato anche a riposo, spossatezza, tosse secca – o diarrea, sarà bene allora che vi prepariate a riflettere sul da farsi.

La principale cura del Mal di montagna è non proseguire la salita e scendere di quota se i sintomi persistono. In genere dovrebbero bastare anche meno di 300 metri ma le casistiche possono essere varie e alcune trasformarsi anche in patologie più gravi (HACE o HAPE). Per quanto riguarda invece le infezioni batteriche sarà necessario ricorrere ad un antibiotico.

Se state viaggiando con una guida capace è molto probabile che abbia lei con sé tutti i medicinali necessari in caso di emergenza; se invece viaggiate da soli informatevi bene sul cosa sia utile portarsi dietro prima di partire. Un viaggiatore responsabile che ci tenga alla propria salute deve capire comunque che a volte è necessario rinunciare ai propri obiettivi se la situazione si mette male. Di conseguenza – e con questo concludo…

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F come Fermatevi!

Condizioni di salute in bilico, vesciche trascurate o infette e situazione meteorologica avversa sono tutte motivazioni che dovrebbero mettervi in guardia. A volte si tratta solo di dover aspettare uno o più giorni prima di poter ripartire, altre invece bisogna saper guardare in faccia alla realtà e costringersi a fare marcia indietro. Siate sempre prudenti e ricordatevi che con le montagne non si scherza affatto!

Trekking in Nepal: la Valle del Langtang dopo il terremoto

Trekking in Nepal: la Valle del Langtang dopo il terremoto 1024 682 Sonia Sgarella

Superare i 4.000 metri con fatica ma entusiasmo, un passo dietro l’altro e raggiungere le pareti di quei picchi himalayani che il giorno prima non sapevi neanche che forma avessero; realizzare che quelle di fronte ai tuoi occhi sono tra le montagne più alte del mondo e che tu lì, davanti a loro, ci sei arrivato con le tue gambe, con i tuoi piedi e con i tuoi polmoni: che emozione ragazzi!

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Vista sull’Himalaya dal Kyaning Ri

Un trekking nella Valle del Langtang era il mio proposito ancora prima di partire, per camminare lungo sentieri che fossero meno gettonati dei più famosi Annapurna ed Everest Base Camp Treks; arrivare ai confini con il leggendario Tibet e già che c’ero contribuire anche in minima parte alla ripresa di un territorio gravemente danneggiato dal terremoto del 2015.  Sapevo che non sarebbe stato facile e non solo a livello fisico. Di fatto attraversare una valle devastata dal terremoto è stato il boccone più grosso da digerire: calpestare la frana che ha coperto e cancellato le vite degli abitanti di un villaggio intero non lo si fa a cuor leggero,  è qualcosa di surreale, ci si muove in silenzio per rispetto verso quella strana quiete che aleggia nell’aria. Pensi e ripensi a tutti quei corpi che non sono mai stati recuperati – turisti compresi – e che ancora giacciono sotto il peso di quelle pietre maledette che gli hanno tolto il respiro in un secondo. Una volta c’erano campi coltivati e pascoli verdi, c’era una scuola, c’era l’insediamento più grande di tutta la valle. Oggi continui a guardarti intorno, a girarti indietro e ti sforzi di dirigere il pensiero a prima del terremoto, ai momenti di vita serena che quelle persone devono certamente aver vissuto. E’ difficile smettere di concentrarsi sul cosa dev’essere stato quell’attimo di devasto in cui tutto è finito, travolto da un’ enorme frana di ghiaccio e detriti che non ha dato a nessuno il tempo di reagire, di nascondersi, di trarsi in salvo.

Langtang Trek

Alcuni danni provocati dal terremoto del 2015

Un trekking nella Valle nel Langtang vuol dire scontrarsi con la natura in tutti i suoi aspetti, quelli buoni, fatti di viste mozzafiato e di aria pura ma anche con quelli cattivi e catastrofici, per rendersi conto che contro di essa non si può far nulla. Un trekking nel Langtang oggi vuol dire dare la possibilità ad una valle e ai suoi abitanti di tornare a sperare perché quei luoghi non rimangano solo il simbolo di una tragedia. Arriva da loro il primo appello a spargere la voce che la valle è aperta e che adesso più di prima c’è bisogno di turismo. L’Everest e l’Annapurna possono aspettare viaggiatori: andate in Langtang e state pur certi che tornerete a casa con il cuore pieno di emozioni!

Langtang Trek

Io e la mia guida Radha

Il tempo minimo necessario per poter svolgere questo trekking è di sette giorni, di cui due di trasferimento e cinque di cammino. Il percorso di cui vi parlo in questo articolo prevede andata e ritorno seguendo lo stesso itinerario ma è possibile estenderne la durata deviando dalla Valle del Langtang verso i laghi di Gosaikund  e la regione dell’Helambu, facendo così rientro a Kathmandu per altri versanti.

Giorno 1: da Kathmandu a Syabrubesi

Se avete organizzato il trekking tramite un’agenzia è probabile – o diciamo dovrebbe essere scontato – che si siano presi loro in carico la questione trasporto da/per Kathmandu e che, nel migliore dei casi, abbiate a disposizione un mezzo privato. Se invece avete deciso di intraprendere il percorso “fai da te”, o più semplicemente ciò che vi spetta da contratto è un mezzo in condivisione, allora tanto per darvi un’idea, le possibilità sono due: pullman o jeep. Per quanto riguarda l’opzione pullman esistono sia un servizio più economico di bus pubblico – dove ci entra letteralmente di tutto – sia un servizio più caro di cosiddetto “Super Deluxe Express”, dove vige la regola “una persona un posto a sedere” – o almeno dovrebbe. Il secondo modo – più veloce ma non sempre più comodo – per arrivare a destinazione sono invece le jeep pubbliche, su cui vengono letteralmente stipate fino a 10 persone. Si tratta nella maggior parte dei casi delle diffusissime Tata Sumo, in partenza come i pullman dalla “stazione” di Machha Pokhari.

Il tragitto è di circa 120 chilometri ma la percorrenza di almeno sette ore. Il fatto che ci si impieghi così tanto vi fa ben intendere le condizioni della strada che, nel seconda parte, si snoda non asfaltata sui versanti di ripidissime montagne, a tratti slavate da frane e smottamenti. Se avete già viaggiato sulle strade himalayane comunque la cosa non dovrebbe né stupirvi né impressionarvi più di tanto.

Lungo il percorso, circa un chilometro prima di raggiungere la cittadina di Dhunche, qualunque mezzo di trasporto è tenuto a fermarsi presso l’ufficio e posto di controllo del Langtang National Park per permettere ai passeggeri stranieri di mostrare/pagare l’ingresso all’area naturale. A novembre del 2016 il costo del permesso ammontava a 3.390 rupie (34$).

Syabrubesi, tappa finale del viaggio e punto di inizio del trek situato di lì a un’ora, non è altro che un tratto di strada lungo il quale si trovano allineati una fila consistente di negozi e guest house. Non perdetevi il pane fresco sfornato ogni giorno nel negozietto di fronte al Sunrise Hotel!

Giorno 2: da Syabrubesi a Rimche

Ebbene eccoci alle prese con il primo giorno di cammino che oltre ad essere il più lungo – considerate 8 ore totali di cui 6 di trekking effettivo – prevede anche l’ascesa più impegnativa, passando dai 1.460 metri di Syabrubesi ai 2.450 di Rimche. Partite presto dall’hotel (massimo alle 7.30) e continuate per cinque minuti in direzione nord fino ad arrivare ad un bivio.  A questo punto scegliete la strada di destra che scende verso il fondovalle e quindi, superato il check post, attraversate il ponte sospeso sul Bhote Kosi per raggiungere Old Syabru, l’antica Syabrubesi. Attraversato il villaggio continuate lungo la stessa sponda del fiume per altri 20-30 minuti fino a che, superati un paio di lodge, troverete il ponte per attraversare questa volta il Langtang Khola. Questa prima parte del trekking si svolge in un ambiente relativamente pianeggiante per cui godetevela fin che dura, cercando di scovare qualche esemplare di fauna locale tra la vegetazione.

A circa un’ora e mezza da Syabrubesi, il ponte sospeso successivo è quello che conduce a Domen (1.670 m.), un piccolo agglomerato di lodge posti vicino ad una piacevole cascata. Potete decidere di fermarvi qui per una prima “pausa caffè” oppure, come ho fatto io, affrontare la prima vera salita del trekking e continuare per altri 45 miunti fino a Pairo (1.800 m.).

Langtang Trek

Tea House a Pairo

La pausa pranzo per questa prima giornata vi conviene farla a Bamboo (1.900 m.), accanto al fiume, non essendoci altre grandi possibilità per mangiare da lì in poi. Considerate un’altra ora di cammino.

Langtang Trek

Bamboo

Continuate in salita per altre due ore e coprite così i rimanenti 500 metri di dislivello che vi mancano per raggiungere Rimche (2.450 m.). Partire presto da Syabrubesi e quindi arrivare a Rimche di buon ora in questo caso è fondamentale per accaparrarsi una delle sole nove stanze che hanno a disposizione nell’Hotel Ganesh View, tra le più gettonate della valle – dovesse essere una giornata di sole capirete esattamente il perché. A questo punto vi siete meritati una doccia e qui, grazie ai pannelli solari ve la possono offrire bollente. Approfittatene!

Langtang Trek

Hotel Ganesh View a Rimche

Giorno 3: da Rimche a Langtang

Anche la giornata di oggi prevede un dislivello di circa 1.000 metri ma per qualche strano motivo ci si impiega meno del giorno precedente per raggiungere quello che rimane e quello che di nuovo hanno costruito nei pressi della frana di Langtang. Considerate un totale di 7 ore di cui 5 camminando.

Lama Hotel (2.480 m.), che rappresenta uno degli insediamenti più grandi della valle, si trova a soli 30 minuti di cammino da Rimche e potrebbe costituire l’alternativa più ovvia per passare la notte nel caso in cui al Ganesh View Hotel o al vicinissimo Tibet Lodge non doveste trovare posto. Essendo situato in una posizione più ombrosa tenete però conto che nella maggior parte delle tea house non offrono acqua calda.

Con un’altra ora e mezza di cammino in salita, attraverso una foresta di querce, aceri e rododendri, raggiungerete forse una delle sistemazioni più bucoliche di tutta la valle, il Riverside Lodge. Peccato che si trovi in una posizione dove probabilmente anche al ritorno arriverete troppo presto per poterci passare la notte. Potete comunque fermarvi per un drink.

Langtang Trek

Riverside

Continuate a risalire il corso del fiume, godetevi le prime viste incredibili che si aprono dalla foresta sulle montagne più alte, passate da Ghoda Tabela (2.992 m.) e da lì, attraverso i pascoli di yak e un’ultima breve salita raggiungete Thyangsyap (3.200 m.) per il pranzo. Un consiglio spassionato: non perdetevi il veg curry with rice della Summit Guest House perché non ne troverete un altro così buono!

Langtang Trek Langtang Trek

Ormai siete soltanto a poco più di un’ora da Langtang, la valle in questo tratto si fa molto più ampia e dà spazio a delle vedute magnifiche sulle vette himalayane. Il percorso è rilassante ma dovrete prepararvi perché di lì a poco, superato il villaggio di Ghumba, vi si aprirà davanti agli occhi l’entità del devasto.

Langtang Trek

Langtang Trek

Ghumba

Di tutto quello che una guida precedente all’aprile 2015 possa avervi raccontato non troverete praticamente più nulla: non c’è più il torrente, non ci sono più i mulini ad acqua e neanche le ruote della preghiera, non ci sono più le decine di lodge che ospitavano i turisti, la panetteria cooperativa che vendeva pane e torte di mele appena sfornate, la sede centrale del Langtang National Park. Non c’è più nulla di tutto questo ma solo una frana immensa che è lì davanti ai vostri occhi e che dovrete attraversare per poter raggiungere le poche tea house che sono state ricostruite a nuovo nei pressi del vecchio villaggio ormai sepolto. Ciò che è sopravvissuto al terremoto si può dire, è la vista incredibile e quasi inquietante del Langtang II, dal cui ghiacciaio si è staccata la frana, a 6.581 metri di quota.

Langtang Trek

La frana che ha coperto e cancellato il villaggio di Langtang

Langtang Trek

Langtang II e la parete di roccia da cui è scivolata la frana

Arrivati al villaggio la prima cosa ad accogliervi sarà purtroppo un memoriale alle vittime circondato da decine di bandiere della preghiera; proseguendo detriti e macerie – il risultato dei crolli – e qualche guest house ricostruita da zero. L’Hotel Lhasa offre camere luminose e molto accoglienti. Il bagno comune, anch’esso con acqua bollente, si trova all’interno, così come la sala da pranzo con una efficacissima stufa a legna.

Langtang Trek - Lhasa Hotel @ Langtang Langtang Trek - Lhasa Hotel @ Langtang

Giorno 4: da Langtang a Kyanjin Gompa

Sarà letteralmente la giornata più bella di tutto il trekking sia perché la percorrenza è di solo 2/3 ore, sia perché sarà proprio oggi che vi troverete faccia a faccia con il picco più alto del Langtang e il suo ghiacciaio. Non solo: all’elemento naturale – che di per se rende questo trekking davvero incredibile – si aggiunge la questione spirituale. Bandierine, ruote, muri della preghiera e chorten vi accompagneranno lungo tutto il percorso facendovi sentire decisamente più che immersi nella dimensione buddhista.

Langtang Trek

Langtang Trek Langtang Trek

L’ “Om mani padme hum”, il mantra per eccellenza, è scritto dappertutto, in nero o colorato, compreso sulla facciata del monastero (gompa) di Kyanjin che purtroppo è andato anch’esso distrutto durante il terremoto. Ciò nonostante le persone del luogo continuano a pregarci attorno, segno che qui la devozione riesce a resistere anche alla peggior catastrofe.

Langtang Trek Langtang Trek

Una volta pranzato sarà quindi il turno del Kyanjin Ri, il miglior punto panoramico della zona. Dall’alto dei suoi 4.600 metri questa “piccola collina” (secondo gli standard himalayani ovviamente) vi regalerà uno spettacolo incredibile: di fronte a voi il Langtang Lirung (7.234 m.), la montagna più alta di tutta la valle e l’impressionante lingua del suo ghiacciaio; dall’altra parte, guardando verso il Tibet, il Langshisha Ri (6.370 m.), il Dorje Lakpa (6.966 m.) e il Gang Chhenpo (6388 m.). Salite con calma prendendovi tutto il tempo che vi serve per acclimatarvi – in media ci si impiega un’ora e mezza – e portate con voi qualcosa per coprirvi naso e bocca. In caso di vento potrebbe infatti smuoversi mlta polvere.

Langtang Trek Langtang Trek

La Nurling Kyanjin Guest House affitta le stanze con bagno (water all’occidentale e acqua calda) alla modica cifra di 300 rupie. L’edificio in sé non è molto pittoresco ma essendo tra i più alti di Kyanjin – se non addirittura il più alto – dal suo ristorante situato all’ultimo piano offre di certo le viste più belle di tutta la valle.

Langtang trek

Vista dal ristorante della Nurling Kyangjin Guest House

Giorni 5-6-7: rientro a Kathmandu

Seppur il mio suggerimento sia quello di passare almeno due notti a Kyanjin Gompa per esplorare ulteriormente la valle – Langshisha Kharka, Tsergo Ri, Valle del Lirung e Laghi di Tsona sono gli itinerari possibili – se proprio non avete tempo a disposizione potete ora incominciare il vostro rientro a Syabrubesi e da lì a Kathmandu. Partendo al mattino da Kyanjin Gompa non dovreste avere problemi ad arrivare fino a Lama Hotel. Il percorso è quasi tutto in discesa per cui aspettatevi di arrivarci abbastanza doloranti. Non preoccupatevi…il giorno seguente sarà anche peggio! 🙂 Se in questi giorni vi siete sentiti affaticati comunque pensate a quei poveri cristi dei porter che vanno continuamente avanti e indietro con carichi che arrivano fino a 60 chili!

Langtang Trek

Per quanto riguarda il pernottamento vi suggerirei qualunque guest house che sia situata nella parte alta del paese così da poter ricevere più a lungo i raggi del sole nel caso ci fosse. Se è vostra intenzione farvi una doccia assicuratevi inoltre che abbia l’acqua calda. I pasti ovviamente li potrete consumare ovunque vi venga comodo lungo il percorso, a seconda della vostra velocità. Una volta rientrati a Syabrubesi, nel caso in cui stiate viaggiando in maniera indipendente, informatevi subito per l’acquisto dei biglietti del pullman o per l’organizzazione del servizio jeep.

Per maggiori  informazioni su Kathmandu e dintorni (dove pernottare, cosa fare e dove mangiare) vi consiglio di leggere l’articolo What to do (cosa fare) a Kathmandu e dintorni.

Trekking in Nepal: tutto quello che c’è da sapere

Trekking in Nepal: tutto quello che c’è da sapere 1024 682 Sonia Sgarella

Sono alcuni decenni ormai che il Nepal, vantando ben otto delle quattordici vette più alte del globo e alcuni tra i paesaggi più suggestivi al mondo raggiungibili soltanto a piedi, è considerato patria indiscussa del trekking. Fare trekking in Nepal – non c’è dubbio – è una tra le esperienze di viaggio più appaganti che il continente asiatico possa offrire.

Non tutti però hanno ben chiaro che cosa voglia dire veramente fare trekking in Nepal. In tanti sarebbero pronti a rinunciare in partenza per la sola convinzione di non esserne adatti. Ma siete proprio sicuri che il trekking in Nepal non faccia per voi? Continuate a leggere questo articolo e solo alla fine potrete darvi una risposta. Con molte più probabilità starete già cominciando a pianificare il vostro viaggio!

Per comodità del lettore ho diviso l’articolo in più sezioni, ognuna delle quali tratta un tema a sé stante.

NEPAL, E’ ORA DI ANDARCI!

  • Decisamente l’autunno ma anche le altre stagioni non vadano poi così male. Ottobre e novembre sono i mesi migliori per percorrere quasi tutti gli itinerari di trekking e ovviamente ciò significa anche di maggior affluenza, con il turismo che tende a diminuire verso la fine di novembre. La tendenza è quella di mattinate limpide e probabili coperture nuvolose nel pomeriggio. La visibilità delle montagne è al massimo del suo splendore, è raro che piova e le temperature, piacevoli di giorno, si mantengono tollerabili anche durante la notte.

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    La primavera è anch’essa una stagione molto gettonata. In questo periodo la fioritura dei rododendri è qualcosa di magnifico, un’esplosione di colori che regala calore e vitalità al paesaggio. Non per altro il rododendro (Laligurans) è stato eletto a fiore nazionale del Nepal.

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    La stagione dei monsoni che va da giugno a settembre è invece forse la peggiore in termini di visibilità. I sentieri in questo periodo dell’anno sono coperti di fango e scivolosi, c’è alto rischio di frane e a farvi compagnia lungo i percorsi ci saranno ad attendervi le care amiche sanguisughe. Meglio evitare dunque ma se proprio siete in zona e non volete rinunciare al trekking puntate verso il Mustang, Upper e Lower.

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    L’inverno infine non sarebbe poi così una brutta stagione in termini di visibilità, se non fosse però per il freddo e per la neve che rende inaccessibili i passi più alti. Un trekking a quote più basse risulta fattibile ma è certo che dovrete coprirvi per bene!

  • Esistono ad oggi possibilità di trekking che spaziano dal grado più facile, quello A, a quelli più difficili, i livelli D ed E. Tutti gli itinerari offrono opportunità di godere dei magnifici panorami himalayani e di entrare in contatto con le popolazioni che abitano i villaggi in quota per cui la scelta del livello che corrisponda maggiormente alle vostre condizioni fisiche vi garantirà in ogni caso un’esperienza unica.

    – Grado A (Facile): Ghorepani/Poon Hill Trekking, Ghandruk Trekking, Jomson Muktinath Trekking, Helambu Trekking, Shivapuri Trekking….

    Percorribili da chiunque si trovi in buone condizioni di salute. I dislivelli da coprire sono moderati, l’altezza supera in poche occasioni i 3000 metri e i percorsi sempre ben marcati – spesso scalinate. In media si tratta di 5/6 ore di cammino al giorno.

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    – Grado B (Moderato): Annapurna Base Camp (ABC) Trekking, Langtang Trekking, Circuito del Manaslu…

    Oltre al buono stato di salute e all’abitudine a camminare per più giorni consecutivi, per questi trekking è necessaria una dose supplementare di energia ed entusiasmo. Gli itinerari raggiungono altezze che si avvicinano ai 4500 metri e i dislivelli +- 1.000 metri, l’inevitabile pegno da pagare per incontri ravvicinati con i magnifici picchi himalayani.

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    – Grado C (Faticoso): Annapurna Circuit Trekking, Everest Base Camp (EBC) Trekking, Upper Mustang Trekking…

    Trattasi di trekking che prevedono il superamento di passi ad oltre 5000 metri di quota. Su questi itinerari è molto importante dare il tempo al corpo di acclimatarsi e fare attenzione a qualunque avvisaglia che possa essere ricondotta al Mal di Montagna (Acute Mountain Sickness).

    – Gradi D/E (Impegnativo):  Ganja La Pass Trekking, Dhaulagiri Trekking…

    La caratteristica principale di questo tipo di trekking è che si tratta di lunghi percorsi ad altezze elevate dove l’unica possibilità di sistemazione è il campo tendato. In questo caso sono richieste ottime condizioni di salute ed esperienza pregressa.

  • Il Mal di Montagna è la reazione patologica del nostro corpo alla bassa pressione atmosferica e alla conseguente minore capacità dell’emoglobina di legarsi all’ossigeno presente nell’aria man mano che ci si spinge ad altezze più elevate. Può succedere a chiunque di soffrirne sopra i 2500 metri e questo indipendentemente dall’età, dal genere e dal grado di allenamento. Tra i sintomi vi sono mal di testa, nausea, mancanza di appetito, spossatezza, tachicardia, difficoltà di respirazione. In tali casi è fondamentale agire prontamente onde evitare che il Mal di Montagna si trasformi in edema cerebrale o polmonare.

    Scendere ad altezze inferiori è la prima cosa da fare: non costringete il vostro corpo a continuare.

    Prevenire il Mal di Montagna comunque è sempre meglio che doverlo curare: salite lentamente di quota dando tempo al vostro corpo di acclimatarsi all’altezza.

  • La maggior parte degli itinerari di trekking rientrano nell’area di una determinato progetto di conservazione, di un parco nazionale o di una zona ad accesso limitato per cui sarà quasi sempre necessario essere muniti di un permesso appropriato. Tali permessi sono acquistabili direttamente in loco e vi verranno tassativamente controllati nei punti di entrata ed uscita dall’area in questione.

    Di seguito le tariffe delle zone che ho visitato personalmente:

    Annapurna Conservation Area: 2000 rupie (20$)

    Leggi anche Poon Hill Trek: il mio itinerario di cinque giorni 

    Leggi anche Nepal: trekking al Campo Base dell’Annapurna 

    Langtang National Park: 3390 rupie (34$)

    Leggi anche Trekking in Nepal: la Valle del Langtang dopo il terremoto

    Shivapuri Nagarjun National Park: 560 rupie al giorno

    Leggi anche What to do (cosa fare) a Kathmandu e dintorni

    Sagarmatha National Park: 3000 rupie (2018)

    Leggi anche Trekking al Campo Base Everest: tutto quello che c’è da sapere

    Oltre ai permessi regionali sarà poi necessario ottenere una TIMS (Trekkers Information Management System), ovvero una tessera in cui vengono registrate le informazioni riguardo al vostro percorso, il tutto per una questione di sicurezza. Se vi siete organizzati tramite agenzia vi verrà rilasciata una tessera di colore azzurro al costo di 1000 rupie. Se invece preferite organizzarvi in maniera indipendente la tessera sarà di colore verde, avrà un costo di 2000 rupie e sarà vostro compito recarvi negli uffici appositi per farvela rilasciare.

    Per ottenere i permessi e la TIMS vi verranno richieste due fototessere e una fotocopia del passaporto. Nel caso in cui abbiate prenotato tramite agenzia, dovrete consegnare il tutto a loro perché svolgano le pratiche al posto vostro.

  • La dimensione del vostro zaino dipenderà sicuramente dalla durata dell’itinerario ma ancor più dovrebbe dipendere dal vostro fisico: se non siete abituati a trasportare grossi pesi è inutile che pensiate di poterlo fare proprio adesso. La dimensione ideale sarebbe quella di uno zaino da 35/45 litri, quanto basta per trasportare l’essenziale necessario. Se proprio però non ce la fate a partire con poca roba, valutate l’opzione di ingaggiare un portatore. I costi per la categoria si aggirano intorno ai 15/20$ al giorno.

    Detto questo, un buon equipaggiamento corrisponderà di certo ad un trekking soddisfacente mentre cose inutili o inadeguate potrebbero rivelarsi più compromettenti di quello che pensiate. Per questo è fondamentale portare con voi:

    Scarponcini da trekking: l’importante è ovviamente che calzino comodi e che li abbiate testati camminandoci in precedenza. Partire con un paio di calzature nuove di zecca potrebbe infatti rivelarsi l’errore più grande che possiate commettere. Sugli itinerari più bassi possono andar bene anche un paio di scarpe basse da trekking

    Un paio di ciabatte da indossare nelle Teahouse e che vi servano sia per la doccia, sia per evitare di dovervi allacciare le scarpe o gli scarponi ogni volta che vi servirà andare in bagno, soprattutto se di notte. Un paio di ciabatte da piscina in plastica sono l’ideale in quanto parzialmente chiuse e possibili da indossare anche con i calzettoni di lana, molto meglio che non le classiche infradito

    Calze adatte alle varie quote

    Guanti

    Cappelli: uno con visiera e una berretta calda da utilizzare anche di notte se necessario

    Scaldacollo

    Primo strato: maglie tecniche a maniche sia corte che lunghe. Alle quote più basse avrete possibilità di lavarle e stenderle ad asciugare

    Completo termico: da utilizzare come pigiama  o da aggiungere come strato se avete freddo;

    Secondo strato: un paio di capi

    Pantaloni: due paia per il trekking, uno più leggero per le quote più basse e uno più pesante per quelle più alte oppure due leggeri e uno strato termico da utilizzare all’occorrenza. Portatevi poi un pantalone comodo da indossare a riposo

    Terzo strato: un piumino e una giacca goretex da abbinare all’occorrenza

    Sacco a pelo: che raggiunga temperature di comfort -6/-10 per i trekking in Teahouse. In ogni stanza sono solitamente presenti delle coperte che potrete usare come aggiunta. Può capitare tuttavia, soprattutto durante l’alta stagione sui sentieri più battuti e a alle altezze elevate (dove ci sono meno alloggi) che non ce ne siano a sufficienza per tutti

    Coprizaino impermeabile

    Torcia frontale

    Occhiali da sole

    Protezione solare, crema idratante e burro cacao

    – Carta igienica, salviette umide, gel igienizzante e assorbenti: la carta igienica è spesso di facile reperimento anche in loco ma i prezzi, così come quelli di tutti i prodotti, sono direttamente proporzionali all’altezza

    Prodotti da bagno in piccole dosi

    Asciugamano in microfibra

    Kit di primo soccorso che contenga farmaci per la dissenteria e Diamox nel caso in cui andiate a quote elevate

    Spry per il naso: per evitare di passare notti insonni qualora vi doveste beccare un raffreddore

    Borraccia di metallo e purificatore per l’acqua: la borraccia di metallo (meglio se trasportabile a tracolla) dev’essere la sostituita delle bottiglie di plastica che a queste altezze costituiscono un’importante fonte di inquinamento. Il costo di una bottiglia d’acqua in montagna inoltre può raggiungere le 250 rupie (contro le 25 rupie di Kathmandu) per cui ha molto più senso premunirsi di gocce o di pastiglie per purificare quella che prenderete dal rubinetto. Nelle zone più battute dal turismo troverete la possibilità di riempire la vostra borraccia con acqua già purificata al costo di 70/80 rupie

    Apparecchiatura fotografica

    Power Bank: le prese si trovano spesso in aree comuni e a volte è richiesto un pagamento per la ricarica

    Snacks 

    Bastoncini da trekking (opzionali)

    Un libro o le carte da gioco: per passare un po’ il tempo quando alle 18.30 avrete già finito di mangiare

  • Mi stupisce davvero costatare quante poche parole positive siano state spese sull’alloggio in Teahouse. “Basic” è la parola più frequente che viene utilizzata per descriverle e ho capito, non saranno certo hotel a cinque stelle ma vogliamo considerare il contesto in cui si trovano? Dispersi tra le montagne a giorni di cammino dalle città principali, là dove il trasporto di qualunque materiale è un’impresa epica: come minimo questi lodge bisognerebbe catalogarli come fantastici, una manna dal cielo, un lusso inaspettato così come dovrebbero esserlo considerati anche i rifugi sulle nostre Alpi.

    Poon Hill trek

    Le regioni dell’Everest, dell’Annapurna, del Langtang e del Manaslu prevedono la sistemazione in Teahouse. Questi lodge, alcuni dei quali per dimensioni non hanno niente da invidiare alle guest house di Kathmandu, offrono semplici stanze ordinate a due o tre letti, nella maggior parte dei casi singoli ma a volte anche ad una piazza e mezza. I letti sono provvisti di copri materasso, cuscino e piumone, il tutto apparentemente piuttosto pulito. I piumoni vi terranno bene al caldo se utilizzati in aggiunta al vostro sacco a pelo ma se usati da soli (con solo un sacco lenzuolo) potrebbero non essere sufficienti.

    Langtang Trek - Lhasa Hotel @ Langtang

    Le pareti dei lodge sono molto sottili, spesso fatte di compensato o di pietra. Se avete il sonno leggero vi converrebbe portarvi dei tappi per le orecchie. Il bagno e la doccia sono quasi sempre in comune (ma esistono anche sistemazioni con bagno privato) e in molti casi entrambi si trovano all’esterno dell’edificio. Nella maggior parte dei casi si tratta di turche senza sciacquone (per “tirare l’acqua” si usa il secchiello) ma vi capiterà anche di trovare bagni all’occidentale. E’ sicuro che non troverete mai la carta igienica per cui portatela con voi!

    Poon Hill trek - See You G.H.

    La maggior parte dei lodge dispone di acqua calda, anzi bollente, che viene prodotta con i pannelli solari o con il gas. In alcuni casi, soprattutto se la doccia funziona a gas, vi verrà chiesto un contributo extra per poterne usufruire.

    Langtang Trek - Ganesh G.H. @ Rimchen

    In tutti i lodge troverete una stanza comune utilizzata come sala da pranzo e non su tutti gli itinerari, riscaldata con una stufa a legna. Sistemate qualunque cosa bagnata nei pressi della stufa perché si asciughi. 

    Langtang Trek - Lhasa Hotel @ Langtang

    I proprietari del lodge si aspettano che consumiate i pasti da loro. Il menù (che è sempre molto simile con la sola differenza del prezzo che aumenta con l’altezza), è sorprendentemente ricco e potrete scegliere tra piatti sia della cucina locale che di quella internazionale, spesso compresa anche la pizza.

    Langtang Trek - Lhasa Hotel @ Langtang

    Sul cosa sia meglio scegliere dipende da quanto siete affamati: i momo (ravioli ripieni) sono sempre 10 e potrebbero non soddisfare il vostro appetito così come le zuppe, a meno che non siano con i noodles. I piatti di riso e noodles sono spesso porzioni abbondanti, un ottimo rapporto qualità/prezzo ma solo con lui, con il piatto nazionale, il mitico Dhal Bhat verranno ad offrirvi il bis! Fate dunque le vostre valutazioni.

    Se siete amanti della birra preparate un’ampia scorta di contanti perché arriverete a pagarla anche 750 rupie (7$). In generale comunque l’assunzione di alcool non è raccomandata.

    Poon Hill trek

    Nella maggior parte delle Teahouse potrete comprare anche degli snack ma sempre per via del costo vi conviene fare rifornimento prima di partire. Lo stesso vale per l’acqua.

  • Partire con un’assicurazione di viaggio adeguata nel caso del Nepal è fondamentale. Qualora dovesse succedervi qualcosa durante un trekking e l’unica maniera di raggiungere l’ospedale più vicino fosse in elicottero questo potrebbe infatti costarvi una fortuna.

    ATTENZIONE: la maggior parte delle assicurazioni copre il trekking fino ai 4.000 metri per cui se avete intenzione di andare oltre cercate un’assicurazione adeguata. Io di solito mi affido a World Nomads che copre i trekking fino a 6.000 metri.

    Ricordatevi: con le montagne non si scherza!

  • Pur non esistendo una regola che obblighi ad assumere una guida per il trekking il mio suggerimento è che evitiate di viaggiare da soli. Nonostante il Nepal sia un paese relativamente sicuro ed amichevole nei confronti del viaggiatore e la maggior parte degli itinerari siano ben marcati, le montagne rimangono pur sempre un ambiente ostile e la presenza di una guida o di un compagno di viaggio potrebbe essere fondamentale – nella peggiore delle ipotesi – per salvarvi la vita.

    Dalla distorsione di una caviglia al Mal di Montagna, trovarsi da soli in certe situazioni non è piacevole e, il tutto, solo per aver voluto risparmiare una cifra irrisoria. Ingaggiare una guida nepalese oltremodo sarà il vostro gentile contributo all’economia locale.

    Affidatevi ad un’agenzia che vi fornisca una guida professionale in possesso di una licenza rilasciata dal Dipartimento del Turismo nepalese. Chiedete che questa licenza vi venga mostrata.

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    Esistono anche agenzie specializzate in tour al femminile che vi contratteranno una guida donna. Il costo per una guida femmina risulta a volte leggermente più alto rispetto a quello di una guida uomo ma è ovvio che il vostro contributo in questo caso non sarà solamente economico. Sarà soprattutto sociale.

    Attenzione: per la vostra sicurezza è fondamentale che la guida abbia alle spalle un’agenzia registrata la quale garantisca per lei e che possa agire prontamente in caso di vostro bisogno. Avere in mano un indirizzo e delle ricevute, inoltre, è molto importante qualora dobbiate dimostrare qualcosa alla vostra compagnia d’assicurazione.

    Assicuratevi che l’agenzia sia regolarmente registrata presso il Governo del Nepal e presso la Trekking Agencies Association of Nepal (TAAN). Per fare questo consultate il sito www.taan.org.np e fate la vostra ricerca.

  • La cosa più conveniente per chi abbia un pochino di tempo da perdere è sicuramente quella di fare tutto sul posto, ovvero, una volta arrivati a Kathmandu o a Pokhara, passare in rassegna qualche agenzia e vedere quello che offrono. E’ vero anche però che la maggior parte delle persone tutto questo tempo da perdere non ce l’ha a disposizione o che preferisca comunque, anche a fronte di un prezzo leggermente più alto, affidarsi a qualcuno direttamente dall’Italia, sia essa un agenzia incontrata online oppure la sottoscritta (leggi anche Chi Sono)

    Il prezzo ovviamente può variare molto a seconda della zona che sceglierete per il vostro trekking, soprattutto se per arrivarci è necessario prendere un volo interno (per esempio per il Trekking al Campo Base Everest) o se l’area rientra tra quelle “Restricted” per cui vi sono dei permessi maggiorati da pagare (nel caso dell’Upper Mustang per esempio si parla di un permesso di ben 500$!).

    Il costo di una guida professionista si aggira intorno ai 35$ al giorno, quello di un Porter circa 15/20$.

    Il costo del cibo lo vedrete aumentare con l’altezza: momo, riso e noodles costano in media 400/500 rupie al piatto mentre il Dhal Bhat arriverà fino a 600/700 rupie. Le bevande calde si aggirano intorno alle 100/150 rupie mentre la birra arriva a costare fino a 750 rupie. Il costo della camera varia a seconda della struttura e della zona: dai 200 per un letto in camera condivisa ai 1000 per il bagno in camera (non sempre disponibile).

    Poon Hill trek

    Sul discorso mance non esiste una regola fissa ma le mance sono estremamente apprezzate.

    Portatevi contanti a sufficienza per coprire tutte le spese non incluse nel vostro pacchetto e una scorta extra per qualunque evenienza. 

Bhutan: un paese unico al mondo

Bhutan: un paese unico al mondo 1024 717 Sonia Sgarella

E’ da circa una settimana che, neanche a farlo apposta, guardandomi in giro su internet, trovo notizie, articoli e commenti che riguardano il Bhutan. Sarà forse una coincidenza, sarà che i tour operator hanno deciso tutti nello stesso momento di puntare alla sua promozione, risvegliando di conseguenza l’interesse della gente, sarà che non lo so; fatto sta che questo ha fatto venire voglia anche a me di parlarne.

Detto sinceramente, quanti di voi hanno mai considerato il Bhutan come una possibile meta di viaggio? In quanti si sono presi la briga di informarsi sul cosa ci sia o non ci sia in quel paese da visitare? In pochi, pochissimi. Il tutto è molto comprensibile direi, essendo che fino a pochi anni fa non se ne sentiva nemmeno parlare, anzi, forse qualcuno di voi lo sente addirittura nominare per la prima volta.

Bhe, lasciate che vi dica una cosa: non c’è niente di strano in tutto questo. Volutamente infatti il Bhutan, in passato, non ha fatto parlare di sé, preferendo rimanere in una posizione di isolamento che lo preservasse dalle influenze esterne, riuscendo così a mantenere intatte le proprie tradizioni secolari. Pensate che addirittura il Bhutan è stato l’ultimo paese al mondo ad introdurre l’utilizzo della televisione e questo solo nel 1999.

Apertosi al mondo del turismo nel 1974 e avvicinatosi quindi piano piano al mondo internazionale, il Bhutan continua però a rimanere un paese unico, con caratteristiche peculiari che lo contraddistinguono sia dai paesi confinanti, sia, in generale, dal resto dei paesi asiatici. Un luogo leggendario e misterioso che solo ora incomincia ad attrarre la curiosità di tanti viaggiatori, i quali tuttavia sono frenati dagli alti costi imposti dal governo per poterci accedere.

Detto questo proverò comunque a raccontarvi della sua unicità e del perché un viaggio in Bhutan varrebbe l’investimento.

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L’ultimo regno himalayano

C’era una volta, non molto tempo fa, un uomo dal nome Ugyen Wangchuck il quale, con un abile mossa politica, riuscì a consolidare il proprio potere in Bhutan e a farsi eleggere sovrano ereditario con il titolo di Druk Gyalpo (Re Drago). Correva l’anno 1907 quando il Bhutan si trasformò quindi in una monarchia ereditaria che ancora oggi sopravvive come una delle più giovani esistenti. 5 sovrani si successero nel tempo apportando ciascuno alcuni cambiamenti in materia politica e fino ad arrivare al tipo di governo attuale che vede Jigme Khesar Namgyel Wangchuck a capo di una monarchia non più assoluta bensì democratica costituzionale. Il più giovane sovrano al mondo, nato nella capitale Thimpu nel 1980, rimane quindi l’ultimo sovrano regnante in tutta l’area himalayana dove altri stati, tra cui Nepal, Tibet, Ladakh e Sikkim, hanno invece dovuto volutamente o forzatamente modificare i loro assetti politici un tempo simili a quelli del Bhutan. Druk Yul, “la Terra del Drago Tonante” – come viene chiamato il Bhutan in lingua locale – rimane dunque l’ultimo regno himalayano ancora esistente a cui la  regina, la bellissima Jetsun Pema, ha appena dato un erede al trono.

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Un paese felice

Bhutan

Il Bhutan è l’unico paese al mondo dove, accanto al Prodotto Interno Lordo, si calcola anche la Felicità Interna Lorda. Questo parametro, introdotto negli anni settanta dal quarto re in carica, nonostante possa suonare come qualcosa di particolarmente astratto, si fonda invece su una serie di criteri ben precisi che valutano i progressi del paese in termini di soddisfazione per l’intera società. Tanto per intenderci il FIL viene calcolato su oltre 30 indicatori e 124 variabili che fanno riferimento a nove aree d’interesse: benessere psicologico, salute, uso del tempo, istruzione, multi-culturalità, buon governo, vitalità sociale, tutela della biodiversità e qualità della vita. Questi dati vengono poi utilizzati dai decision maker per indirizzare le politiche nazionali verso un miglioramento che comporti una ricerca d’equilibrio tra la felicità materiale e quella immateriale. Per i bhutanesi la ricerca della felicità è il sentiero da percorrere per evitare gli errori che sono stati fatti in passato da molti altri paesi i quali hanno considerato lo sviluppo solo in termini di incremento della ricchezza materiale. Sacrificare la propria cultura, il proprio ambiente e in generale la propria identità a favore dello sviluppo economico non ha reso le società felici e per questo, sostiene il governo bhutanese, è necessario ripensare al sistema in termini di sviluppo socio-economico sostenibile promuovendo la cultura locale, il buon governo e la salvaguardia dell’ambiente naturale.

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Architettura mozzafiato

Bhutan Rinchen

Pareti alte e spesse che salgono inclinandosi verso l’interno, un espediente che serva per fare sembrare l’edificio più imponente di quello che non sia in realtà: è questa la tecnica utilizzata da sempre nella costruzione degli dzong, i “monasteri-fortezza”, spettacolari cittadelle bianche e rosse, riccamente decorate sia all’esterno che all’interno con pannelli di legno scolpiti e dipinti, che dominano le principali città del paese.  Si tratta senza dubbio dell’elemento architettonico più caratteristico del paesaggio.

Punakha Dzong - Bhutan

Inizialmente utilizzati come vere e proprie roccaforti dagli antichi governatori regionali (penlop), gli dzong sopravvissuti agli incendi, costituiscono oggi sia la sede amministrativa dei 20 distretti in cui è diviso il paese sia, nella maggior parte dei casi, importanti centri religiosi.  Molti dzong sono quindi dotati di una torre di guardia e risultano spesso divisi in due ali: una monastica, dove si trovano i templi e gli alloggi dei monaci e una amministrativa, destinata agli uffici. In lingua dzongkha, la lingua ufficiale del Bhutan, il monastero è chiamato goemba mentre lhakang è la parola con cui ci si riferisce al tempio vero e proprio.

Monastero di Ura - Bhutan

Esclusi i casi all’interno degli dzong, requisito fondamentale del goemba, sede di comunità monastiche autonome, è quello dell’isolamento, grazie al quale i monaci possano trovare pace e solitudine. In un paese montagnoso come il Bhutan non stupisce dunque che alcuni di questi siano stati costruiti nelle posizioni più impensabili e mozzafiato come, per esempio, in cima a speroni rocciosi. E’ questo il caso del mitico Taktshang Goemba, la famosa “Tana della Tigre” di cui vi ho parlato in questo articolo.  In quanto a bellezza, devo ammetterlo, i monasteri bhutanesi si contendono il primato con quelli di Ladakh, Sikkim e Tibet, altrettanto magnifici ma è proprio l’architettura e la decorazione tipica di questo paese a renderli unici nel loro genere.

Taktshang Goemba - Bhutan

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Il Folle Divino

Chimi Lhakhang

Diciamocela tutta: in quale altro paese vi capita di trovare dipinti sulle facciate delle case dei peni giganti come questo nella foto? In Bhutan la cosa è molto frequente perché tra i santi più venerati figura Lama Drukpa Kunley, meglio noto come il “Folle Divino” o, in inglese, “The Divine Madman”. Un personaggio vissuto tra il 1455 e il 1529, Drukpa Kunley era convinto che le istituzioni, religiose e laiche, le quali imponevano determinati tabù e rigide norme di comportamento all’interno della società, fossero i maggiori ostacoli al risveglio dell’uomo.

Chimi Lhakhang

Egli predicava dunque la dissacrazione di tali tradizioni attraverso l’erotismo e l’ebrezza, nonché comportamenti fuori luogo ed eccentrici i quali risultavano tuttavia efficaci metodi spirituali. Soprattutto le donne a quanto pare, erano solite fargli visita all’interno del suo monastero, il Chimi Lhakhang, per ricevere la benedizione che spesso si espletava in forma di rapporto sessuale, volendo così dimostrare che la castità non era necessaria per raggiungere l’illuminazione.

Chimi Lhakhang

I mille falli che incontrerete in giro per il paese dipinti o appesi sulle case fanno dunque riferimento a questo personaggio che viene considerato anche il santo delle fertilità. All’interno del Chimi Lhakhang potrete anche voi ricevere la benedizione in versione meno oscena, ovvero lasciando che il monaco residente vi appoggi sulla testa un fallo di legno 🙂

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Abiti tradizionali 

Bhutan Rinchen

Uno degli aspetti più caratteristici del paese sono certamente gli abiti tradizionali che devono essere indossati obbligatoriamente nelle scuole, negli uffici governativi e nelle occasioni formali tra cui la visita a uno dzong, ad un tempio o la cerimonia d’apertura ad un torneo di tiro con l’arco. Uomini, donne e bambini indossano volentieri questi abiti che sono realizzati con tessuti bhutanesi e prendono il nome di gho e kira. Nonostante gli stivali tradizionali in feltro o pelle siano stati soppiantati da scarpe all’occidentale, vi capiterà di vederne di meravigliosi durante i festival e le occasioni cerimoniali.

Abiti Bhutan

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Il tiro con l’arco

Il tiro con l’arco, lo sport nazionale del Bhutan, non è in realtà soltanto uno sport: si tratta infatti di una celebrazione vera e propria a cui prendono parte, tra gli altri, danzatori, intrattenitori ed astrologi. Le gare di tiro con l’arco, a cui gli arcieri si preparano ovunque vi sia spazio sufficiente, rappresentano l’affermazione dell’identità nazionale ma anche un momento di intrattenimento popolare molto sentito. Si comincia sempre con una breve cerimonia per poi passare alla competizione che vede il  bersaglio posto ad una distanza di 140 metri. Ogni volta che il tiratore colpisce il  bersaglio i compagni di squadra si accingono ad eseguire una danza lenta, cantandone le lodi mentre nel caso in cui non lo dovesse colpire, verrà deriso dagli avversari. (Vedi il video cliccando sul link qui sotto). Le donne, pur praticando raramente lo sport, sono comunque molto attive nella parte di intrattenimento e costituiscono forse la percentuale più accanita del pubblico. Gli archi di legno sono stati piano piano sostituiti con quelli in fibra di carbonio ma comunque vengono ancora utilizzati e la loro produzione costituisce un’arte unica e molto ammirata.

https://youtu.be/PwPvViaT9C0

Tutto questo, insieme ad una natura sorprendentemente varia e a spettacolari feste religiose rendono il Bhutan un luogo unico e speciale che vale certamente la pena di visitare.

 

Festival di Hemis: si aprano le danze!

Festival di Hemis: si aprano le danze! 2000 1333 Sonia Sgarella

E’ il decimo giorno del mese (tsechu) secondo il calendario lunare e, come tutti gli anni, tra maggio e luglio, il monastero di Hemis, il più grande e ricco del Ladakh, si prepara ad ospitare il festival più famoso della regione himalayana. Pellegrini provenienti da ogni angolo del paese, a volte anche a giorni di cammino di distanza, vestiti degli abiti tradizionali migliori, si riuniscono nel cortile principale del gompa per assistere ai due giorni di celebrazioni volti a rievocare la vita e gli insegnamenti di Guru Rimpoche nel giorno della sua nascita.

Conosciuto anche con il nome sanscrito di Padmasambhava (il nato dal loto), Guru Rimpoche è considerato dalla tradizione il fondatore del buddhismo tibetano e colui che ne ha permesso la diffusone. Due giorni di danze scandite dal ritmo intenso di cimbali, trombe e tamburi; un momento di ritrovo e di divertimento ma soprattutto un’occasione per il popolo di entrare in contatto con la vita e la parola del grande Maestro che gli abitanti percepiscono presente all’evento insieme a loro.

Un’imperdibile opportunità per apprendere i contenuti essenziali del suo insegnamento attraverso uno strumento accessibile a tutti. La danza è infatti il mezzo offerto dai monaci residenti ai fedeli per aiutarli a percepire l’essenza della dottrina e dargli uno stimolo per approfondire in seguito la propria ricerca personale. La sequenza delle rappresentazioni  così come i contenuti possono essere modificati per adattarsi al folklore locale purché non vengano mai omessi gli eventi relativi alla vita del grande Guru.

Si dia inizio alle danze quindi! Non sarà difficile farsi trasportare dal coinvolgimento collettivo. Sono tutti presenti, grandi e piccini, uomini e donne, monaci e laici, perché la sola partecipazione, si dice, predisporrà le condizioni karmiche che favoriranno il raggiungimento più veloce della liberazione (nirvana).

E’ fondamentale aprire la cerimonia con le danze di purificazione del luogo in cui si terrà l’evento, uno spazio circolare – riproduzione terrena di un sacro mandala che deve essere ripulito da ogni possibile presenza negativa. L’obiettivo è quello di creare una dimensione pura dove possano manifestarsi le entità divine impersonate dalle maschere. Il danzatore, attraverso la meditazione e le visualizzazioni, entra infatti in un rapporto diretto con la divinità che rappresenta e con cui ha stabilito un rapporto profondo. “Lui” è la divinità stessa. Le forze negative verranno spinte verso il centro del mandala dal vortice delle danze e convogliate in un oggetto simbolico (un feticcio, una scatola metallica o una rappresentazione fallica) che verrà possibilmente distrutto alla fine del rito.

Entrano quindi in scena i durdag, i guardiani degli 8 luoghi di cremazione posti – secondo la cosmologia buddhista- intorno al monte meru e che indossano maschere bianche aventi le sembianze di un teschio. A loro seguono gli sha-na, i danzatori dai grandi cappelli di feltro nero e dall’abito di broccato colorato. Nessuna maschera gli copre il volto perché loro rappresentano degli yogi, grandi maestri spirituali in grado di uccidere i demoni destinandoli però ad una rinascita in una terra pura dove possano ricevere gli insegnamenti di un buddha e rientrare quindi nella schiera degli esseri protettori della fede. Un’altra sequenza possibile è la danza delle divinità terrifiche (tungam) che vede maschere dall’aspetto terrificante uccidere gli spiriti del male per mezzo del purbha, il pugnale tantrico con tre lame.

Una volta purificato il campo di azione potrà avere inizio il Guru Tshen Gye, la rappresentazione delle 8 manifestazioni di Guru Rimpoche che faranno il loro ingresso in processione accompagnate dal grande Maestro stesso. Caratterizzato da una maschera d’oro, è sempre protetto da un parasole e spesso accompagnato dalle due consorti Mandarava e Yeshe Tsogyal. Per riconoscere le diverse manifestazioni basterà guardarne la fisionomia, l’abito e gli attributi che recano in mano.

  1. Tshokye Dorje: maschera color petrolio dall’aspetto pacifico, abito di broccato blu, nelle mani vajra e campana.
  2. Shakya Senge: maschera dall’aspetto di Buddha, abito monacale rosso e giallo, nelle mani una ciotola per le elemosina.
  3. Loden Chogsey: maschera bianca o arancio dall’aspetto pacifico, abito di broccato bianco decorato o rosso, nelle mani un tamburello e una ciotola.
  4. Padmasambhava: maschera bianca con copricapo rosso a punta, abito monacale rosso e giallo.
  5. Pema Gyelpo: maschera bianca o rosa con la barba, abito di broccato bianco decorato o rosso, nelle mani un tamburello e uno specchio.
  6. Nyima Yeozer: maschera gialla con bara blu, abito di broccato giallo, nelle mani un tridente.
  7. Sengye Dradrok: maschera dall’aspetto terrifico blu, abito di broccato blu. Di solito accompagnato dai suoi attendenti, anch’essi dall’aspetto terrifico.
  8. Dorji Drakpo: maschera rossa dall’aspetto terrifico. Di solito accompagnato dai suoi attendenti, anch’essi dall’aspetto terrifico.

La danza si conclude con una processione finale e con l’uscita di scena di tutte le figure. Seguiranno altre danze e rituali. La purezza del sito dove sorge il monastero è stata così rigenerata e rimarrà tale fino al prossimo tsechu. Allora gli abitanti del Ladakh si rimetteranno in cammino  e si riuniranno di nuovo nel gompa per assistere ad uno degli eventi più attesi dell’anno.

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