La Lubiana di Plečnik

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La Lubiana di Plečnik

La Lubiana di Plečnik 2560 1920 Sonia Sgarella

“Evviva tutti i popoli
che anelano al giorno in cui ovunque splenda il sole,
non ci saranno più odio né guerre,
ognuno sarà libero,
amico e non ostile vicino”
(Inno sloveno)

Quel giorno arrivò il 25 giugno 1991 quando l’attuale Repubblica di Slovenia dichiarò l’indipendenza dalla Jugoslavia ottenendo il riconoscimento della propria sovranità.

Sul suo territorio, concentrato in un ambiente prevalentemente montuoso e carsico, nel corso della storia si sono riversate decine di popolazioni euro-asiatiche che trovavano nello stretto passaggio della pianura alluvionale di Lubiana la più immediata via di accesso ai territori confinanti. Come un imbuto, la moderna capitale del paese, tale sin dall’indipendenza, ha visto sfilare in successione Veneti, Celti, Romani, eserciti di Unni guidati da Attila, Ostrogoti e Longobardi, seguiti ancora da Franchi e  Austriaci, genti che ne hanno fortemente influenzato la storia.

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Ma dal 1921 a Lubiana, il cui nome potrebbe voler dire appunto “palude”, è stata regalata  una personalità rinnovata, riflesso delle mire artistiche di colui che l’ha disegnata come nuova capitale degli sloveni in un mondo moderno: Joze Plečnik (1872-1957), nato in Slovenia ma figlio della formazione austriaca viennese, dove studiò presso la Spezialschule für Architektur di Otto Wagner, con il quale aderì alla Secessione

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Rientrato in patria quindi, dopo lunghi soggiorni a Praga e Belgrado, impiegò i successivi trent’anni della sua carriera per ridare vita a Lubiana stessa dove lavorò in qualità di professore universitario. L’architetto sloveno ne ha concepito uno spirito nuovo nel tentativo di  esprimere il sentimento di orgoglio del suo popolo per le proprie radici. Ha poi modellato il pensiero e ne ha edificato una città a misura d’uomo dove ci si potesse riposare, guardarsi intorno, in quell’atmosfera mitteleuropea calma e sognante che qui si mischia con quella mediterranea, sciolta e vivace.

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Una città vitale, animata da giovani artisti e studenti universitari che popolano giorno e notte le sue strade e i suoi caffè, sulle sponde di quel fiume (Ljubljanica) che scorre incerto in entrambe le direzioni, quasi a non volersene andare da quel piccolo villaggio fiabesco che costituisce oggi la più piccola capitale europea.

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Ed è proprio sulle sponde del suo fiume e attraverso i suoi ponti che deve svolgersi la visita di questa città per comprendere meglio l’importanza che Plečnik ha voluto dare all’elemento acquatico altrimenti sottovalutato. Egli ha infatti dedicato tutto il suo potere creativo alla sistemazione delle sponde della Ljubljanica permettendo così ai Lubianesi di entrarci in contatto, per poterne godere maggiormente. Sembrerebbe che guardarne scorrere l’acqua sia un ottimo supporto alla meditazione e che con essa se ne vadano anche tutti i problemi. Il Ponte dei Draghi, il Triplice Ponte, quello dei macellai e dei calzolai; lungo le sponde della Ljubljanica si svolge oggi tutta la vita cittadina.

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Il Drago è il simbolo di Lubiana: secondo la leggenda, Lubiana sarebbe stata fondata dal mitologico eroe greco Giasone il quale aveva rubato il Vello d’oro al Re Aites e che scappò in seguto con gli Argonauti, sulla barca Argo, attraverso il Mar Nero e i fiumi Danubio e Sava, fino al  Ljubljanica.
Lì gli argonauti smontarono la nave e la portarono fino all’Adriatico, dove di nuovo la assemblarono per ritornare in Grecia. Sulla loro strada per il mare, alla sorgente del fiume Ljubljanica, si fermarono presso un grande lago/palude, casa di un grande mostro.  Giasone si scontrò con lui, lo  sconfisse e lo uccise. Il mostro sarebbe  stato il drago di Lubiana, oggi presente sullo stemma della città.

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